Pietro Antonio Gratarol segretario del Senato e “Le Droghe d’Amore”

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Ritratto di Pietro Antonio Gratariol. Accademia delle scienze di Torino da https://it.wikipedia.org/

Pietro Antonio Gratarol segretario del Senato e “Le Droghe d’Amore”

La nobildonna Caterina Dolfin, moglie del procuratore di San Marco Andrea Tron, chiamato dai veneziani el paron per la sua grande autorità, teneva circolo, la sera del 9 gennaio 1777, nel suo spledido palazzo a Sant’Eustacchio, vulgo San Stae.

Bella, leggiadra, vivace, era però di costumi facili e di carattere inquieto, dominatore, capriccioso. Intorno a lei, ossequienti e adulatori, si aggiravano letterati, politicanti, innamorati: Carlo Gozzi (da non conforndersi col celebre Gaspare suo fartello), Daniele Dolfin da San Pantaleone, Alvise Emo, Piero Barbarigo detto el zoto, Girolamo Zulian e tanti altri che lusingavano la di lei vanità e tramavano maldicenti congiure.

Pietro Antonio Gratarol, segretario del Senato, da due mesi non frequentava più la casa essendo in rotta completa con la procuratessa che per antipatia, dicevano mal d’amore non corrisposto, ostacolava la sua nomina alla legazione di Napoli. Egli era uomo sulla quarantina, colto ma leggiero e, sebbene ammogliato, invischiato negli amori di Teodora Rizzi, una comica della compagnia Sacchi che recitava allora nel teatro di San Luca. E così, oltre che nemica la Tron, aveva contro di sé anche Carlo Gozzi, amoroso egli pur della Rizzi, il quale per vendicare sé stesso e la Tron, aveva scritto una commedia “Le droghe d’amore” in cui era messo in caricatura il segretario vegheggino. La commedia doveva recitarsi al San Luca il 10 gennaio.

Dunque xe tuto venduo per doman de sera?” chiesa donna Caterina. “Tuto zelensa! sarà pienon!” rispose Carletto Gozzi, che così si chiamava in casa Tron. “E cossa dixe el nostro Gratarol?“. “Tante cosse el dixe: ch’el xe uno scandalo, ch’el vol ricorer al Consiglio, che i so nemici xe tuti baroni, che la comedia xe idiota“. “E de vu cossa dixelo?“. “Altretanto zelenza“.

A questa risposta quasi inconscia del battagliero Carletto fu una risata generale, ma vennero in buon punto i camerieri con vassoi d’argento pieni de maroni caldi accompagnati da un dolce vinello della campagna dei Tron. Era quello il segnale che la serata volgeva al suo termine.

La sera del 10 gennaio al teatro di San Luca furono date “Le Droghe d’Amore“. Il concorso fu immenso, gli applausi infiniti e la satira vieppiù si accrebbe per la figura ed i movimenti del comico Vitalba, che nelle spoglie di un Adone sguaiato, che s’ingegnò di rassomigliare il più che poteva al Gratarol, il quale da un palchetto faceva l’indifferente, guardava e rideva.

Lo scandalo fu grande: a Venezia non si era mai visto un segretario del Senato messo così alla berlina. Il Gratariol ricorse agli Inquisitori, ma gli dettero torto, ed intanto era diventato la favola della città e non poteva uscire di casa senza essere bersaglio di frizzi e di sorrisi e schernito dalla plebaglia che lo rincorreva per le strade. Il governo vedeva, sapeva e taceva.

Nella notte del 10 settembre il Gratarol partì per Padova; da Padova andò a Ceneda e presa la via di Germania, che traversò fino a Brunswick, si rifugiò a Stoccolma nella Svezia, ove nel 1779 dette alle stampe la sua Narrazione apologetica contro il governo veneto a giustificazione della sua condotta.

In quel frattempo gli Inquisitori avevano fatto, il 6 novembre 1777, il loro rapporto al Consiglio dei Dieci per l’assenza severamente punità dalla legge, e per decreto del Consiglio gli era stato intimato il 5 dicembre di presentarsi entro ventiquatto ore a la carceri dei Capi.

Ma il decreto, com’era da prevedersi rimase lettera morta, e il 22 dello stesso mese si pubblicava la sentenza di bando contro il Gratarol  e la confisca dei beni, con la grave aggiunta che “rompendo in alcun tempo il confine, et essendo preso, sia condotto in questa città ed all’hora solita, in mezzo le due colonne di San Marco, sopra un solaro eminente, il sia tagliata la testa, sicché si separi dal busto e moja“.

La punizione veramente terribile, la cui formula ricordava tempi di barbarie, se forse fu per la bella Dolfin un rimorso, lo fu certamente per Carlo Gozzi, autore della causa prima “Le Droghe d’Amore“.

Il Gratarol passò nel 1780 in Inghilterra dove ebbe protezione e soccorsi di denaro dal ministro Morton Pitt, ma, non trovando impiego, cercò fortuna al di là dell’Atlantico, negli Stati Uniti e poi nel Brasile.

Di là lo sventurato segretario si recò nel gennaio del 1785, con il celebre avventuriere Benjowsky e con il conte e la contessa Adelsheim, nell’isola di Madagascar, la grande isola africana dell’Oceano Indiano; ma, traditi dal capitano del bastimento, partito improvvisamente con tutti gli oggetti dei passeggeri, anche il Gratarol sofferse un danno di quasi ottocento sterline.

Nei primi di ottobre egli ammalò in un povero villaggio dell’isola e morì in poche ore, a breve distanza dalla contessa Adelsheim e dal marito, forse di veleno per opera degli indigeni. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO ILLUSTRATO, 2 novembre 1924.

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