Ponte de la Scoazzera a San Silvestro, ponte demolito

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1551
Cassella de le scoazze in Campo San Cassan

Ponte de la Scoazzera a San Silvestro, ponte demolito

Non è il solo ponte di San Silvestro che avesse il nome di Scoazzera, ma parecchi altri di Venezia in tal guisa s’intitolano, e vi erano anche campielli della Scoazzera, come quello di San Tomà, e Fondamente, come a Santa Margherita, perché moltissime erano le scoazzere, situate nei campi della città.

Le formava un chiuso quadrato di muro, senza tetto, e aperto al dinanzi, e dentro si gettavano le spazzature, dette nel dialetto nostro scoazze, e sussisteva il modello in campo a San Pantaleone. Di queste casselle delle scoazze parla il Rompiasi, e la più antica memoria, che egli ne riporta, ha la data del 14 gennaio 1566, quando si trasportò la scoazzera di San Simeone, dieci passi distante dal sito primo.

Tali casselle appartengono al secolo XV ed anche XIV, e scrive il Gallicciolli che da 40 anni circa si conservava, avendola egli veduta, una scoazzera alla riva del Campo di San Cassiano; e che quella piccola bottega del Capitolo sul ponte di pietra, che si incontra a mano destra, ascendendovi movendo dalla porta maggiore della chiesa, era pure scoazzera. Si vedano i litigi del Capitolo che la riebbe, reciso il contratto di vendita nel 1557, ai 21 aprile.

In tempi remotissimi sembra, che le spazzature si gettassero nei canali, poiché si legge in una carta del 1221, nel Codice del Piovego: “dicta Ecclesia s. Thomae prohibebat proiicere scopadulas in ipsa piscina, et nullus audebat proiicere scopadulas in ipsa piscina”. Il Tentori però meglio di ogni altro mette in luce l’argomento, scrivendo che le continue immondezze e spazzature, gettate nelle acque dalle pubbliche navi e altri legni mercantili, ancorati alla foce del porto di Malamocco, furono saggiamente giudicate nocevoli alla laguna e al porto medesimo.

E venne allora decretata dal Magistrato alle acque la elezione di alcuni ministri, col titolo di soprastanti alle scoazze, ufficio dei quali fosse l’andar sopra luogo, quattro volte per ogni settimana, a farle levare dalle navi appunto e da altri legni sì pubblici, come privati verso la corresponsione della mercede di nove ducati all’anno. Perciò i siti, destinati a depositi delle spazzature, si custodivano con tanta gelosia che non era lecito a nessuno di demolirli; e si trova inculcata anzi dalla legge la moltiplicazione di siffatti depositi. Tanto è vero che prodottosi un tempo reclamo formale al Magistrato alle acque, per la molestia avuta da una di dette casselle, dalla nobile famiglia Zen di San Simeone, occorse una terminazione per concedere ai supplicanti la grazia di trasportare quella cassella in altro sito, e ivi invece si costruisse una riva. E si trova che anche nel 1609 il Magistrato alle acque decretò la costruzione di quattro casselle sulle Fondamente Nove, di due nella Pescheria di Rialto, e di tre in quella di San Marco, con obbligo preciso ai pescatori di vuotarle a loro spese, quando fossero ricolme, incaricando poi del trasporto i burchieri e i burchiellanti.

Vi erano però a tale oggetto i nettadori dei sestieri. E infatti il disordine, in cui si trovavano nel 1711, le casselle delle scoazze, e la necessità di restaurarle, determinarono il Magistrato alle acque a decretare, che sopra i crediti dei nettadori dei sestieri fosse trattenuto l’importare di un mese per il loro acconciamento.

Già nel 1622 erano quasi distrutte le casselle in tutti i sestieri, quindi si spargevano ovunque le spazzature, era piena di immondezze la città, e a questa epoca risale il nome di Calle Sporca, che abbiamo in più siti, e a Santa Sofia, e a San Cassiano, e a Santa Maria Maggiore, registrando il Gallicciolli, che le strade erano così sordide da non potersi fare la processione degli osti.

Deliberò il Magistrato alle acque, calcolato il massimo pregiudizio dei rivi, dei canali maggiori e della laguna,  che le casselle dovessero essere tutte costruite di nuovo, e impose gravissime pene a chi attentasse a demolirle. Dopo quell’ epoca si leggono costruite di nuovo altre casselle a San Geremia nel 1677, a San Giobbe nel 1683; nel quale anno una terminazione del 2 settembre minaccia la pena di tre tratti di corda, e 18 mesi di galera ai burchieri trasgressori.

Risulta da tutto l’esposto fin ora, che non s’intitolò altrimenti scoazzera il ponte di San Silvestro, per esservi stata, come taluno pubblicava, una stazione di barche raccoglitrici delle spazzature pubbliche, nel qual caso avremmo avuto tante di queste stazioni in Venezia, quante sono le vie, contrassegnate da quel nome, con ingombro manifesto dei rivi, e offesa dei pubblici riguardi, per quelle stazioni moleste e pericolose. Risulta invece, che la misura delle casselle mirava a tener monda la città e a impedire l’interramento dei canali e della laguna principalmente temuto dagli avi nostri. I quali per tre secoli quindi lavorarono indefessi per togliere dalla laguna ogni acqua dolce, e anche con distruzione di moltissime valli da pesci, fissarono stabilmente i limiti delle acque salse, inviolata nostra barriera, spendendo tanti milioni d’oro che poche nazioni potrebbero fare oggi altrettanto.(1)

(1) Occhiate storiche a Venezia. GianJacopo Fontana. Giuseppe Grimaldo editore, Venezia 1854.

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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