Il giorno di San Marco, e i mazzolini di fiori regalati alle dame, all’origine della “Festa del Bòcolo”

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Basilica di San Marco.

Il giorno di San Marco, e i mazzolini di fiori regalati alle dame, all’origine della “Festa del Bòcolo”

Il 25 aprile di ogni anno Venezia si svegliava al suono festoso delle campane di tutta la città. Era il giorno di San Marco “et verso nona sua Serenità scendeva in san Marco alla Messa Pontificia“, e finita la cerimonia religiosa cominciava nella chiesa il passaggio delle sei Scuole Grandi dinanzi al Doge seduto nel suo trono e circondato dalla Signoria, dal Primicerio, dai Canonici “con li piviali solenni” e dalle alte magistrature della repubblica.

In quel giorno precedeva il corteo la Scuola di San Marco e sfoggiava i suoi più ricchi candelabri d’argento cesellati, la famosa croce d’oro incastronata di pietre preziose, il grande busto del suo Santo protettore di argento massiccio, e così come essa passavano le altre Scuole di San Teodoro, di Santa Maria della Carità, di San Giovanni Evangelista, di Santa Maria della Misericordia e di San Rocco non meno ricche e superbe per ori e per gemme nei splendidi reliquiari, con i rispettivi “Magnifici Guardiani” vestiti di seta cremesina con le maniche alla “dogaressa“. Ogni Scuola recava, sorretti da alcuni confratelli, ampi e ricchissimi bacini di argento carichi di ceri tra i quali uno di singolare bellezza per le pitture ricordanti la vita del Santo a cui si intitolava la Scuola, con fregi d’oro e lo stemma del principe regnante. Alcuni di tali ceri, nel Cinquecento, dipinsero il Tiziano, il Veronese, il Tintoretto; nel Seicento il Liberi e lo Spolverini; nel secolo seguente il Tiepolo, il Guardi e il Guarana.

Davanti al doge ciascuna Scuola si fermava, il magnifico Guardiano offriva al Serenissimo il grosso cero istoriato, agli altri un cero bianco, mentre le musiche delle confraternite suonavano mottetti spirituali, laudi bibbliche, sacre sinfonie. La lunga cerimonia terminava dopo il mezzogiorno e allora il doge e la Signoria seguiti dal numeroso corteo rientravano in Palazzo Ducale dove li aspettava il solito banchetto di San Marco (*).

Era questo uno dei cinque banchetti annuali offerti dal principe alle eminenti autorità dello Stato, circa cento inviati, stabiliti per legge nei giorni di San Marco, dell’Ascensione, di San Vito, di San Girolamo e di San  Stefano. Ma per tradizione, per richezza, per originalità il più importante era quello di San Marco in cui, gentile omaggio alla primavera, “interveniva la muda (moda) de l’estate, se dispensavano gran fiori et si fevano maschere“.

Nella vasta sala dei Pregadi, più tardi in quella dei Banchetti, si dava il grande pranzo della giornata ed erano ammessi fino al termine della prima portata, quali spettatori sotto l’anonimo della maschera patrizi, cittadini e nobildonne. Il doge stesso, con la solita gentilezza veneziana di allora, offriva alle dame mazzolini di fiori nel cui mezzo spiccava un bocciolo di rosa e forse da questo leggiadro costume venne e si sparse la consuetudine di regalare alle fidanzate “el bòcolo” tradizionale nella festa di San Marco. (1)

(*) Alcuni autori narrano che in questo banchetto si servivano i famosi “risi e bisi” (risi e piselli), definiti pertanto “el magnar del dose“.

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 25 aprile 1930.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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