L’elezione di un Cancelliere grande
Il 23 marzo 1511, essendo morto da qualche giorno il Cancelliere grande Alvise Dardani, il Maggior Consiglio si radunava per la nuova elezione. Quattro erano i concorrenti all’autorevole posto: Alvise Zamberti, primo notaio dell’Avvogaria; Francesco Fasuol, dottore, avvocato e segretario dei Dieci; Zuane Michiel, segretario della Quarantia e Piero Stella degli Inquisitori.
L’alta carica, per la sua grande importanza era la più ambita dai cittadini veneziani e il Cancelliere grande veniva considerato il primo della classe dei cittadini: egli conosceva tutti i segreti della Repubblica, apriva i dispacci di stato, partecipava alle riunioni del Maggior Consiglio e del Senato, sempre però senza diritto di voto, ed era il capo della Cancelleria ducale.
I patrizi raccolti in quel giorno in Consiglio erano 1821 e fin dal primo scrutinio apparve che Piero Stella “niun el volesse perché assa’ superbioso” e così la battaglia s’impegnò sui tre nomi rimastri, ma i più quotati apparvero subito il Fasuol e il Michiel. Parlarono in favore del primo sier Ferigo Morosini e sier Bortolo Gradenigo, per il secondo sier Checo Malipiero, ma i rumori dei patrizi, specialmente dei giovani parteggianti per il segretario dei Dieci, interruppero spesso l’oratore. Si gridava: “Volemo Fasuol! Quelo l’é homo da bon! Viva Fasuol” e alla fine abbe luogo l’ultima votazione: “Fasuol voti 1102, Michiel 614, Zamberti 105“. Finito il Consiglio, vennero aperte le porte della grande sala e uscendo il doge Leonardo Loredan “trovò a la porta domino Fasuol et li disse: Ve saludemo Selenza! et Fasuol li tocò la man in zenochion et po in Colegio disse alcune parole alla Signoria ringratiando“.
Sulla scala del Palazzo aspettavano molti nobili e cittadini partigiani del nuovo eletto e quando Fasuol comparve cominciarono gli evviva e gli applausi. Composto un corteo, il Cancellier grande, attraversando la Piazza, festeggiato e acclamato cominciò a buttar denaro al popolo e sier Alvise Emo di San Moisè, fautore del Michiel, esclamava a lui rivolto: “Se’ come doxe, butè denari!” e domino Fasuol sorridendo ironicamente: “L’è il mio zorno, et ringrazio anca vu sier Emo de averme eletto“.
Giunto il corteo nel campo di Santa Maria Zobenigo, dove abitava domino Fasuol, cominciò un allegro scampanare e dalle finestre delle case un gran sventolio di drappi e di bandiere. il campo fu presto pieno di gente “qual voleva veder la nova Selenza” e Fasuol nel nuovo vestito scarlatto di seta comparve a fianco il patrizio Zuane Cosaza del sangue imperiale dei Comneni. Le feste a Santa Maria Zobenigo durarono tre giorni. (1)
(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 30 giugno 1927
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