I rapporti tra patrizi e popolani
Fin dal Seicento un viaggiatore straniero, il Payen, di passaggio a Venezia scriveva meravigliato che “la libertà era grande in tutto il territorio della Repubblica” e “che un padrone non aveva il diritto di battere il suo servo, ciò che invece si praticava in altri paesi“.
Ma il viaggiatore francese poteva soggiungere che tra i due ceti, specialmente nel Settecento, vi era anche una certa famigliarità che spesso permetteva perfino la burla.
Un patrizio di casa Venier, stando una mattina sul poggiolo, mentre Toni, il gondoliere da qualche mese ammogliato, apparecchiava la gondola, gli buttò un piccolo corno di capra. Capi lo scherzo il gondoliere, e preso il corno gridò rivolto al patrizio: “Zelenza, la se petena più pian, no la vede che la perde i cavei!”
A Cecilia Zeno Tron che, più del solito impiastricciata di finissimo belletto francese, montava in gondola, il barcaiolo maliziosamente diceva: “Che bela ziera che la ga Zelenza“, e la patrizia subito sorridendo: “Sior macaco, sfido mi, la vien de Franza sta siera“.
Il patrizio Dolfin spendeva molti ducati in una stufa di piante esotiche, ma per rifarsi almeno in parte della spesa, diminuiva la paga al giardiniere il quale richiesto se aveva cara la stufa, rispose: “Molto, Zelenza, come la fusse mia fia perché la mantengo“.
La cameriera di Elisabetta Dandolo, patrizia celebre per l’eleganza e più ancora per la galanteria, quando la padrona era occupata col suo cavalier servente rispondeva ai visitatori: “La xe in visita a san Basegio“, (sta dando basi, baci); e se chiedevano del marito sfortunato. “L’è a ca’ Corner“, e rideva.
Nel febbraio del 1729 il procuratore Girolamo Giustinian chiese al campanaro della torre di San Marco l’uso della terrazza che fa parte della Loggetta per assistere alle feste del Giovedì grasso. Il campanaro, che aveva l’uso della terrazza alla quale si accedeva per la porta del campanile rifiutò, e il patrizio pronto: “Ti ha rason, tu sei paron del campaniel e io, come procuratore, della Lozzetta“, e costruita nella notte una scala salì con gli amici sulla terrazza “facendo incrosar la porta che metteva nel campaniel“.
Così a Venezia, come forse in nessun stato, correvano rapporti cordiali fra patrizi e popolani. (1)
(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 4 giugno 1926
FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.