L’andata del doge nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, per la commemorazione della vittoria dei Dardanelli

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Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. Mausoleo della famiglia dogale dei Valier.

L’andata del doge nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, per la commemorazione della vittoria dei Dardanelli

Nel pomeriggio del 12 luglio 1656 Venezia era scossa dal rombo del cannone che tuonava dalla parte del Canal Orfano, e la gente accorsa sul Molo vide spuntare da dietro l’Isola di San Servolo la maestosa capitana di Rodi tutta pavesata a festa, ornata da insegne e spoglie turchesche, seguita da due grosse navi e da un vascello barbaresco. Su tutti i navigli sventolava il il caudato gonfalone di San Marco e trascinati sull’acqua si scorgevano numerosi stendardi ottomani, segnale gradito di ottenuta vittoria.

La folla proruppe in grida altissime di “Vittoria! Vittoria!“, le campane di San Marco suonavano a distesa e il Senato che stava raccolto, sospese la seduta e di recò con il doge e la Signoria sulla loggia esterna del palazzo Ducale prospiciente sul Molo.

Le navi avanzavano tra gli urrà delle ciurme e le grida festose del popolo, e ben presto con rapida e precisa manovra gettarono le ancore in bacino San Marco. Dalla capitana di Rodi scese Lazzaro Mocenigo con una banda bianca che gli nascondeva l’occhio destro e parte della fronte, venne subito accerchiato dalla esultante moltitudine e da parenti ed amici condotto in Palazzo dove fu subito ricevuto dal doge Bertuccio Valier e dal Senato riunito.

Il racconto del Mocenigo fu breve e conciso: inteso da alcuni informatori che la flotta turca di centosessantanove galere voleva attaccare battaglia con l’armata veneziana di appena settantasei vele, Lorenzo Marcello, capitano generale “di specchiato valore marziale” dispose le sue navi nascoste dietro le isola Imbro e Tenedo e all’alba del 26 giugno 1656, quando la flotta nemica uscita dal canale dei Dardanelli comandata da Sinan Pascià, i Veneziani levate le ancore vi andarono incontro e si impegnò feroce e terribile il combattimento.

Fu battaglia da giganti: un colpo di cannone stese morto il capitano generale Lorenzo Marcello, ma Giovanni Marcello, suo luogotenente e nipote, soffocando il dolore, ne coperse il cadavere occultandolo all’equipaggio, e la battaglia continuò più terribile che mai.

Dopo sei ore di lotta tremenda, mercé il valore di Lazzaro Mocenigo, che perduto un occhio a ferito alla fronte pure aveva sempre combattuto da eroe, San Marco aveva vinto e l’armata turca era in piena rotta: ottantaquattro navi caddero in potere dei Veneziani, dodicimila turchi vennero uccisi, cinquemila fatti prigionieri, “e fu vittoria delle più complete e delle più gloriose, che annientò la forza turca in mare, onde a Costantinopoli si fece generale il dolore, il pianto, lo spavento“.

Il Senato aveva ascoltato in un silenzio profondo il racconto del Mocenigo, e quando ebbe finito si alzò il doge e si alzarono tutti i senatori, e il doge commosso creò cavaliere l’eroe, mentre il Senato applaudendo votava unanime la sua elezione a capitano generale.

La notizia di questa grande vittoria riempì di gioia tutta Venezia: per quattro giorni le botteghe delle Mercerie rimasero chiuse, e per le strade e per i campi, cosa curiosa, si fecero certe rappresentazioni teatrali, con ricche decorazioni, in cui l’azione finiva sempre con bastonate terribili contro i Turchi.

Ogni sera fuochi d’artificio in Piazza San Marco e in laguna, serenate e danze all’aperto, cene e banchetti nelle osterie sempre affollate e nei pomeriggi regate in Canal Grande e cacce dei tori a Santo Stefano, a Santa Maria Formosa, a San Polo.

La Signoria, in seduta solenne, decretò che essendo accaduta la battaglia dei Dardanelli il 26 giugno, giorno sacro ai Santi Giovanni e Paolo, fosse qual giorno festivo e dovesse il doge, il Senato e gli Ambasciatori recarsi ogni anno in gran pompa a visitare la chiesa si “san Zanipolo“, ascoltare la Messa e fare attraverso il campo solenne processione. Alla processione dovevano concorrere tutte le Scuole grandi e il primicerio di San Marco seguiva il doge che era preceduto dagli otto gonfaloni marciani e dalle sei trombe d’argento ducali.

La battaglia dei Dardanelli, avvenuta sotto il doge Bertuccio Valier, e ricordata nel monumento funebre della famiglia dogale dei Valier nella chiesa di San Giovanni e Paolo, in un rilievo di Mario Groppelli rappresentante la “Figurazione allegorica della vittoria riportata ai Dardanelli sui Turchi il 26 giugno 1656″. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 29 giugno 1932

Da sinistra a destra, dall’alto in basso: Mausoleo della famiglia dogale dei Valier, il doge Silvestro Valier, bassorilievo che ricorda la battaglia dei Dardanelli “SVB AVSPIC: S.S. IO: ET PAVLI VICT: NAVAL: MDCLVI”, la dogaressa Elisabetta Querini-Valier, il doge Bertuccio Valier, Campo dei Santi Giovanni e Paolo.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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