Piscina Sant’Agnese, nel Sestiere di Dorsoduro

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Piscina Sant'Agnese. Sestiere di Dorsoduro

Piscina Sant’Agnese, nel Sestiere di Dorsoduro

Vi erano anticamente in Venezia molti stagni, pantani, piscine, e talvolta piscariae, i quali servivano alla pesca, ed all’esercizio del nuoto. Anche dopo che furono interrate, per cura dei Capi dei Sestieri, conservarono il nome primiero. Troviamo quindi, oltre l’indicata appellazione, quelle di Piscina di San Giuliano, Piscina di San Moisè, Piscina di San Samuele, e Piscina Sant’Agnese, ecc.

Chi fa la chiesa di Sant’Agnese edificata dalla famiglia Melini, e chi dalla famiglia Molin. È antichissima per certo, trovandosi in un documento del 1981 menzione di Pietro pievano di S. Agnese. Fu rinnovata dopo l’incendio del 1105, e consacrata nel 1321. Non abbiamo memorie precise circa le rifabbriche posteriori. Lo Stringa, che pubblicò le sue aggiunte alla Venezia del Sansovino nel 1604, la dice ai suoi tempi abbellita. Il pio benefattore Lodovico Bruzzoni l’abbellì anch’egli circa il 1670. L’atrio venne fatto restaurare dal prete, e poscia pievano Salvatore Bertella nel 1733. I pievani ufficiarono questa chiesa fino al 1810, epoca in cui si chiuse, restando concentrata la parrocchia con quella di Santa Maria del Rosario. La chiesa di Sant’Agnese venne poi usata come magazzino, ora di legname, ora di carbone, or di altro. Ai nostri giorni venne riedificata sul disegno di Dal Peder, architetto della Marina Austriaca, e riaperta nel 1854 a cura e dispendio dei due sacerdoti fratelli Cavanis, i quali, prima che si chiudesse, ne erano alunni. Senonché fu nuovamente rinchiusa nel 1866 per i guasti prodotti dall’eruzione di un pozzo artesiano, e tosto dopo demaniata. Finalmente, nel 1872, redenta dal demanio, e restaurata, ebbe la sorte di riaprirsi al culto divino.

Presso la chiesa di Sant’Agnese esisteva, secondo il Sabellico, un piccolo romitaggio di donne, donde uscì Caterina fondatrice del monastero di Santa Maria Maggiore.

In contrada di Sant’ Agnese si sviluppò per la prima volta la peste nel 1630, e precisamente nella persona di un Giovanni Maria Tirinello, falegname, che abitava dietro il campanile. Egli aveva contratto il morbo fatale andando a costruire quattro caselli di legno capaci di ricoverare i Guardiani di Sanità nell’isola di San Clemente, ove era morto di peste con cinque serventi il marchese di Strigis, ambasciatore del duca di Mantova all’imperatore, provenuto da luoghi infetti. Vedi l’opuscolo di Giovanni Casoni intitolato: La Peste di Venezia ecc. Venezia, Alvisopoli, 1630.(1)

(1) Giuseppe Tassini. Curiosità Veneziane ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia. (VENEZIA, Tipografia Grimaldo. 1872).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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