Il Consiglio dei Dieci

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Sala del Consiglio dei Dieci. Palazzo Ducale

Il Consiglio dei Dieci

Questo Consiglio ebbe origine dalla congiura di Baiamonte Tiepolo, ed era tratto dal Maggior Consiglio e ad esso spettava il titolo di Eccelso.

Questo supremo tribunale, istituto dapprima per giudicare i delitti di Stato, ebbe con il tempo ampliate in modo tale le sue attribuzioni che l’autorità del Consiglio si estendeva su tutti, non escluso lo stesso Doge. I decemviri erano scelti non solo per censo e per titoli, ma anche per intelligenza, maturità di senno e provata rettitudine; non ricevevano stipendio, né potevano assumere alcun’altra magistratura, vestivano un abito violetto e non portavano armi.

Creato nel 1310 per soli ottanta giorni, dal 10 luglio “usque ad San Michaelem“, fu riconfermato poi di due mesi in due mesi fino al 1312, in cui lo fu per un quinquennio e poi per un decennio, conferendogli anche l’alta facoltà di revocare le deliberazioni del Consiglio Maggiore e dei Consigli Minori.

Nel 1355 fu riconosciuta la necessità della sua conservazione, e fu deciso allora che l’Eccelso Consiglio fosse perpetuo, con con l’obbligo di eleggere i dieci membri da un San Michele all’altro, vietato però il diritto di rielezione prima per uno, poi per due anni. Presidente dell’alto tribunale era il Doge e gli atti venivano firmati dal Doge stesso in uno al suo Consiglio: “Cum Consillo nostro Decem“.

Del Consiglio dei Dieci, moltissimi romanzieri italiani e stranieri fecero un mostro terribile e spaventoso ad uso della letteratura d’appendice, ma la storia che non misura il grano con l’erba e che sa distinguere la leggenda dalla verità, afferma che se l’Eccelso Consiglio fu sempre inflessibile, non fu mai feroce, né ingiusto, né tiranno. Certo qualche abuso fu commesso, talvolta si agì con soverchia precipitazione, ma ciò fu solo colpa individuale, non mai sistema di tirannia. Ed è prova il loro “Capitolare” che stabiliva, non accettarsi le denunce anonime se non riguardavano affari di Stato ed occorrevano i cinque sesti dei suffragi, ed almeno quattro quinti per le denunce sottoscritte.

Così nel 1762, quando una depravata minoranza di nobili insofferenti di legittimo freno, chiese l’abolizione del Consiglio dei Dieci, la grande maggioranza del Maggior Consiglio decise invece di confermarne i poteri, ed il popolo tutto applaudì alla deliberazione dell’alto consesso.

Era il 16 marzo e ben settemila persone stavano raccolte in Piazza e nella Piazzetta, impazienti di conoscere l’esito dell’importante adunanza, e quando fu stridata la deliberazione vinta dalla maggioranza, tutte le strade di Venezia echeggiarono di plausi e di grida, e si volevano incendiare i palazzi dei Renier e dei Zeno contrari ai Dieci, e si acclamavano i Foscarini, i Marcello, i Grimani fautori della conferma.

Quella note fu notte di movimento e di ansia: gli Arsenalotti armati corsero in Piazza a tutela dell’ordine. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 29 agosto 1923.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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