Le tre principali monete veneziane
La più antica moneta di vero conto veneziano, di cui il tempo non ha rispettato che solo quattro esemplari, era il “Marcuccio” o mezzo denaro di Vitale Michiel II, doge nel 1156, che mostra da un lato la croce accantonata da quattro punti, con attorno il nome, cognome e titolo del principe, dall’altro lato il busto di San Marco.
La più ricca invece era il ducato d’oro, coniato la prima volta nel 1284 dogando Giovanni Dandolo, che recava sul diritto la figura di San Marco con il capo nimbato e il vangelo in una mano mentre con l’altra porge un’orifiamma con la croce al doge genuflesso, sul rovescio il Redentore in piedi, di faccia, con nimbo crociato di forma greca, collocato in un’aureola ellittica cosparsa di stelle, che con la sinistra tiene il vangelo e con la destra benedice.
La più piccola moneta chiamata “bagatino” rappresentava un dodicesimo di soldo, meno della quarta parte di un centesimo, e venne coniato sotto il doge Pasquale Malipiero tra il 1457 e il 1462, era di rame, serviva per il piccolo commercio in quei tempi felici in cui c’erano delle derrate che si potevano acquistare anche con quella piccolissima moneta.
Il “marcuccio” abbe corta vita poiché spariva dal mercato veneziano verso il 1177 quando il doge Sebastiano Ziani coniò il “piccolo“, una monetina di circa mezzo soldo, mentre invece il ducato d’oro veneziano, che ebbe sempre corso dalle coste del Mediterraneo fin nell’interno del vasto impero della Cina, cambiò solo denominazione venendo chiamato nel 1543 “zecchino“, restando il nome di ducato alle monete d’argento coniate dal serenissimo Girolamo Priuli, e zecchino e ducato vissero la lunga vita della gloriosa Repubblica fino alla sua caduta.
Il “bagattino“, la cui etimologia dicono alcuni cronisti venisse dall’arabo “bagadin” che significa “infimo, vile“, si conservò soltanto per tre secoli e mezzo poiché dal commercio scomparve affatto sotto il dogado di Alvise Mocenigo eletto doge nel 1676, vita lunga per una così piccola moneta, lunga e popolare perché il suo nome passò negli adagi o proverbi veneti e in quelli dalmati, nonché in qualche forma proverbiale di alcune isole dell’arcipelago greco quando la Signoria di San Marco governava su tutto l’Adriatico, nel mare Egeo e su gran parte del basso Mediterraneo con le isole di Cipro e di Candia.
Si diceva allora, e in qualche sito si dice anche adesso: “Aver tre bezzi e un bagatin” per alludere ad un misero stato economico, “no valer un bagatin” per uomo fiacco e di nessuna cultura, “no darghe un bagatin” per dimostrare lo sprezzo di una cosa o di una persona, “un cervelo da bagatin” come scrive Marin Sanudo nei suoi Diari per indicare un giovane di casa Soranzo cretino e spiacevole.
Curiosissimo un libretto di spese dei primi anni del secolo decimosesto, conservato oggi nel nostro Archivio di Stato, in cui il patrizio Anzolo Valier della contrada di San Silvestro, esempio raro di parsimonia mercantesca, annotava giorno per giorno le spese fatte in bagatini, forse attratto da una certa simpatia per la piccola moneta: “doi zugno” per pesse bagatini trenta; per ovi et erbe bagatini ventiquatro; per bresole de ponta di schena bagatini trentasei” e così per tutto il mese di giugno spendendo in totale bagatini duemilanovecento circa dodici lire venete, che in quel tempo corrispondevano a poco più di dodici lire italiane.
La lira veneta nel corso dei secoli per la limitazione del suo metallo fino andò sempre peggiorando di valore e mentre nel Cinquecento corrispondeva alla nostra lira italiana d’argento, alla caduta della Repubblica aveva solo un valore di circa mezza lira nostra.
Fra queste tre tipiche monete, la più antica, la più ricca, la più piccola la Repubblica ne contò molte altre come il tornesello, il soldino, il mezzanino, il quartarolo, il grosso, il grossone e tutte avevano corso e circolavano per l’Europa intera. (1)
(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 20 maggio 1925.
Da sinistra a destra, dall’alto in basso: Torchio per monete; Ducato, Silvestro Valier 1696; Marino Grimani 1601; Soldino; Tallero per il Levante, Paolo Ranier; Multiplo di zecchino, Ludovico Manin; Alvise IV Mocenigo, mezzo scudo; Multiplo di zecchino; Francesco Molin, bezzo da 6 bagatini; soldo da 12 bagatini; Alvisi IV Mocenigo, multiplo di zecchino; Domenico Contarini 1660; ?; 2 soldini e mezzo; soldo per le isole del levante; Ludovico Manin, multiplo di zecchino; Marco Foscarini, ducato; ducato; Carlo Contarini, mezzo ducato; Francesco Loredan 1752; Nicolò Sagredo 1675; Marc’Antonio Giustinian 1685; bagatino di Spalato; Ludovico Manin, quarto di zecchino; 15 soldi; Alvise IV Mocenigo zecchino; Alvise IV Mocenigo marchetto; ducato
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