Una presa di tabacco salva la vita a don Luca da San Moisè

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Il Campanile, la Piazza e la Piazzetta di San Marco.

Una presa di tabacco salva la vita a don Luca da San Moisè

Nel 1745 tra le botteghe che circondavano tre lati del campanile di San Marco, c’erano, dalla parte delle che guarda le Procuratie Vecchie, quella “di un cavadenti, di un calegher e di un vecchio marzer“. Il cavadenti, un tale Alfier Lombardo quasi ottantenne, era famoso per la sua arte; il calzolaio, certo Zuane di Castello, brontolava dalla mattina alla sera col suo garzone, e Nicolo Seda, il merciaio, passava tutti i pomeriggi col suo grande amico prete Luca di San Moisè, chiacchierando e fiutando tabacco. Il giorno di San Giorgio 23 aprile 1745, quasi all’improvviso cadde un improvviso acquazzone con lampi e tuoni, mentre il prete don Luca si trovava in mezzo alla piazza diretto verso la bottega dell’amico. Ai primi goccioloni egli si mise a correre. Entrato e cercando uno scagno per sedersi, il merciaio gli disse scherzando che gli avrebbe dato lo scagno, se gli avesse regalato una presa di tabacco di cui era completamente sprovvisto.

Rispose il prete “No ghe n’ho, ho corso per la piova e non l’ho comprado!“.

Replicò ridendo il merciaio: “Se vede che sé prete e che una poca de piova ve fa paura!“.

Scattò arrabbiato don Luca: “Mi paura, diselo ancora, Nicolò

Non l’avesse mai detto, mentre scrosciava la pioggia a dirotto il prete puntiglioso uscì dalla bottega e si diresse in furia verso le Procuratie Vecchie dove c’era un negozietto che vendeva tabacco, ma non era ancor giunto a metà del cammino quando un lampo abbagliante illuminò la piazza e un fulmine si precipitò sul campanile di San Marco.

Sembrò un terremoto! “La saetta colpì l’angolo verso l’Orologio con gran sconquasso e molta ruina“, mille metri cubi narra il Todeschini nelle sue Memorie, precipitarono fraccasando le bottteghe “del cavadenti, del calegher e del marzer“, don Luca al tremedo fracasso si voltò, vide l’orribile rovina e come pazzo continuò la sua corsa senza capire, ma spinto inconsciamente avanti da un terribile spavento.

Sotto le macerie erano morti “il cavadenti Alfier Lombardo, il calegher col suo puto garzon, e il marzer Nicolò Seda“. Corse subito una squadra di Arsenalotti e dopo un lungo lavoro furono tratti di sotto alle rovine i quattro cadaveri che ebbero sepoltura nel cimitero di San Zaccaria.

Don Luca che se non partiva per il suo puntiglio sarebbe restato ancor lui oppresso nelle rovine, quando prendeva tabacco, mormorava da quel giorno un “requiem” in suffragio del suo povero amico. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 3 aprile 1927.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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