La giustizia a Venezia; le condanne per sodomia

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Palazzo Bollani in Fondamenta Toffetti a San Trovaso. Sestiere di Dorsoduro

La giustizia a Venezia; le condanne per sodomia

Quando si sparse per la città la notizia che due nobili erano stati arrestati sotto l’accusa di un turbe reato, fu uno scandalo grave specialmente nei vecchi patrizi che vedevano macchiate la dignità della casta. Correva allora il maggio del 1516 e un tale “Zuan Todesco ligador in Fontego et stipendiaio di sier Bernardin Orio” si presentava al segretario del Consiglio dei Dieci porgendo querela contro due ben noti patrizi che avevano tentato con lusinghe e danari di commettere su lui un infame attentato.

Il Consiglio accolse l’accusa, ma volle con tutta segretezza indagare la verità dei fatti e dette ordine al segretario e a Missier grande di procedere ad una rigorosa inchiesta tenendo celati i nomi dei colpevoli. Le ricerche riuscirono in accordo con le accuse: “et il Consiglio di Diese prese de retenir (arrestare) sier Nadal Contarini di sier Domenego e sier Marco Antonio Bollani quondam sier Iulio“. Erano due patrizi molto conosciuti in città specialmente il Bollani detto “da l’orto” perché accanto al suo palazzo in fondamenta di San Trovaso, oggi palazzo del Liceo Marco Polo, possedeva una delle più belle ortaglie veneziane, mentre sier Contarini , “in casa dil qual è seguita la cosa” abitava a San Polo.

L’arresto del Bollani avvenne lo stesso giorno della deliberazione del Consiglio, poiché Missier grande, incontratolo in Piazza San Marco, lo fermò e lo condusse in Palazzo Ducale e alla mattina seguente da due fanti appostati “fo preso anche sier Nadal Contarini ne l’ussir di casa a san Polo“.

La repubblica per estirpare “l’abominevole vitium” aveva pubblicato decreti di pene severe, era persino ricorsa al supplizio della “cheba“, alla pena capitale e bruciato il cadavere, ne sperdeva le ceneri, ma purtroppo il vizio, sebbene molto diminuito, esisteva sempre.

Appena arrestati i due patrizi si formò subito il Collegio d’accusa e vennero eletti sier Girolamo Tiepolo, consigliere ducale, sier Girolamo Erizzo, capo dei Dieci, Nicolò Bernardo, inquisitore, e Francesco Pesaro, avogador di Comune. Messi alla tortura i colpevoli, Marco Antonio Bollani ebbe “sette scassi di corda et non ha confessato“, invece sier Nadal Contarini dopo aver avuta “usa sola Cavaleta“, tormento che schiacciava i piedi, confessò ogni cosa come l’aveva raccontata il giovane Zuane Todesco, “ligador al Fontego“. La discussione in Collegio sulla pena da infliggersi fu lunga e vivace: Nicolò Bernardo aveva proposto la pena di morte, sier Francesco Pesaro il bando perpetuo a confine per salvare il prestigio della toga patrizia, prevalse la proposta del bando, aggravata però da tre anni di carcere. E così la sentenza approvata a sola maggioranza venne il 14 maggio 1516 pubblicata a Rialto e a San Marco: “Marco Antonio Bolani perpetuamente confinà a Famagosta et si presenti al retor ogni ziorno, item Nadal Contarini relegà in Cao d’Istria, et tutti do avanti il confin sia seradi per ani tre in la preson Orba“.

Il 22 aprile 1519 i due patrizi colpevoli uscivano dalle prigioni del Palazzo Ducale e venivano imbarcati sulla galera di Marco Venier che toccando le coste istriane, doveva giungere fino all’isola di Cipro. Erano due larve, pallidi, curvi, accasciati, “et nissuno de li parenti zonze al Molo a li salutar et cussì andarono al loro tristo destino per causa infame di sodomitio”. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 23 dicembre 1927

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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