Un matrimonio riparatore nel borgo di Olmo, verso Oderzo

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1715
Oderzo. Piazza Grande

Un matrimonio riparatore nel borgo di Olmo, verso Oderzo

Il 2 aprile del 1515, la Signoria riceveva lettere dal provveditore generale Andrea Gritti di stanza a Treviso e apprendeva che dove accampava l’esercito di messer Bartolomeo d’Alviano, capitano generale della Repubblica contro i collegati di Cambrai, accadevano sempre delitti: furti, uccisioni, stupri. L’ultimo che si raccontava era avvenuto nel villaggio dell’Olmo (Olmi di San Biagio di Callalta o Cimadolmo ?), piccolo borgo quasi a mezza strada fra Treviso e Oderzo, e la narrazione letta in Senato suscitò viva indignazione “Il soldato Augusto Trapolin, fiol di Piero doctor et citadin paduano, de comun acordo con Julio Manfron, condotier di cavalli, et Zuane Pelizza trobetto“, furono gli autori del grave delitto.

Passavano essi a cavallo per il villaggio dell’Olmo nel pomeriggio del 29 marzo, quando videro alla finestra di una casetta una bionda e formosa ragazza e subito tutti e tre furono presi di quella bellezza. Le chiesero la via di Oderzo, che fu loro indicata da due fratelli della ragazza che stavano ad un’altra finestra, ma i tre soldati, fingendo di non capire li pregarono di scendere abbasso. E scesero difatti, e furono allora presi e legati insieme schiena con schiena “et cussì legati li butarono in uno fosso di la strada che bona sorte era senza aqua“. Salirono poi dalla ragazza, s’intesero pianti e grida, un lungo silenzio di quasi mezz’ora e dopo i tre ribaldi uscirono insieme e, montati a cavallo presero la strada di Oderzo.

La lettera di sier Andrea Gritti fu trasmessa dal Senato al Consiglio dei Dieci, sier Zuane Bragadin mandò subito ad Oderzo, dov’era il campo di messer d’Alviano, il segretario Alvise Meneghello per procedere ad una inchiesta. Rispose il signor Bartolomeo: “Questi homeni d’arme rischia la vita ora per ora, et non è mal che se spassano qualche volta“. “Nun la intende cussì l’excelentissimo Consejo di Diese!“, replicò inchinandosi il Meneghello, e difatti non la intese così il Consiglio il quale mandò l’ordine tassativo al capitano generale di arrestare i colpevoli e mandarli a Venezia, ma ormai due di loro erano fuggiti e solo Augusto Trapolin venne arrestato.

Egli condotto a Venezia e messo alla tortura, confessò la colpa e disse di non saper nulla “di l’altro caso di la vedoa sforzata in li borgi di Uderzo e di la barufa fata con villani la seconda domenica di Quaresima“. Condannato a carcere perpetuo, dopo un anno fece chiamare l’avogador Domenico Venier e gli disse che voleva “sposar la donna che havè violata se il fevano la gratia“. Accordata la grazia, Augusto Trapolin partì per il borgo di Olmo, “e la puta fo contenta di averlo per marito“. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 27 febbraio 1927

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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