La leggenda del ritratto di Sant’Antonio e le reliquie del santo

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Palazzo Civran. Sestiere di Cannaregio

La leggenda del ritratto di Sant’Antonio e le reliquie del santo

A Venezia correva nel Quattrocento una vecchia leggenda la quale narrava come Antonio da Lisbona, conosciuto in tutto il mondo quale il Santo Taumaturgo di Padova, venisse nel suo pellegrinaggio, tra il 1227 e il 1229, anche a Venezia. Allora si diceva che dopo aver visitato Gemona e istituitovi un monastero, avesse successivamente predicato a Cividale, Gorizia, Muggia, Trieste e si fosse spinto fino a Pola fondando qualche convento, costruendo chiese e oratori.

In questo suo peregrinare diffondendo la santa parola di Cristo, vuole la tradizione che Antonio visitasse Venezia e fosse ospite della nobile famiglia Civran, che aveva il palazzo quasi dirimpetto alla facciata maggiore della chiesa di San Giovanni Grisostomo. E la leggenda continua affermando che siccome un parente di casa Civran, dilettante di pittura, voleva fare il ritratto del Taumaturgo che per umiltà si rifiutava di posare nonostante le insistenti preghiere dell’artista, il Santo avrebbe prodigiosamente ultimato il ritratto con la sua benedizione un giorno che aveva colto il pittore mentre di nascosto lo ritraeva a grandi tratti.

Questo ritratto, racconta sempre la tradizione, fu regalato dalla famiglia Civran nella chiesa di San Giovanni Grisostomo e si trova oggi in un altare nella parte sinistra della stessa chiesa, ma la storia invece afferma che la pala di quell’altare è opera della scuola dei Vivarini, artisti famosi vissuti verso la fine del Quattrocento due secoli dopo la leggendaria venuta del nostro Santo a Venezia.

Nel dicembre del 1229, Antonio da Lisbona, l’ultimo dei veri fratelli del Serafico, si stabiliva a Padova e l’ultima delle sue prediche, di quelle prediche che non solo attiravano le folle ma commovevano i cuori, la disse in una mattina della Quaresima del 1231 nella piazza della vecchia cattedrale patavina.

E quando sulla rozza tribuna eretta in mezzo la piazza, nel chiarore diffuso del nuovo giorno, apparve il frate dagli occhi nerissimi, dallo sguardo ora dardeggiante ora dolcissimo, dalle piccole mani una delle quali si levò a benedire l’immensa folla cadde in ginocchio. Fu predica mirabile, il canto del cigno, e appena terminata migliaia di ascoltatori si strinsero intorno a lui per baciarlo, toccarlo venerarlo e solo gli arcieri del Podestà subito accorsi riuscirono e sottrarre il Santo all’ammirazione, al fanatismo, al delirio della folla.

Tre mesi dopo il 13 giugno 1231, nel convento dell’Arcella il grande Taumaturgo moriva; nato a Lisbona nel 1195, aveva trascorso quindici anni della sua vita nella casa paterna, due nel convento di San Vicente a Lisbona, nove in quello di Santa Croce in Coimbra, e dieci di apostolato nell’Ordine Minorita.

Il 30 maggio 1232 Antonio, sacerdote e confessore dell’ordine dei Frati Minori, fu proclamato Santo nella cattedrale di Spoleto da papa Gregorio IX, i miracoli accertati e dichiarati autentici nel processo di santificazione furono sessanta, e dice la tradizione che mentre avveniva la solenne proclamazione tutte le campane di Lisbona suonassero a gloria senza che mano d’uomo le avesse toccate.

Il corpo del Santo riposa a Padova nella sua chiesa ma non completo; i riprovevoli abusi dei tempi scorsi hanno di molto menomato la spoglia mortale del Taumaturgo. La lingua è racchiusa in una teca d’argento, gran parte del cranio fu dato alla città di Cagges nella Provenza, a mezza via fra Tolone e Marsiglia e una mano fu regalata a don Sebastiano, re di Portogallo, per intercessione del Senato Veneziano. Qualche tempo dopo ottenevano una grazia simile l’imperatore d’Austria e l’arciduca Ferdinando e nel 1609, Margherita d’Austria, regina di Spagna, riusciva ad avere una particella dell’epidermide del Santo.

Finalmente, nel 1652, il Senato di Venezia, reclamò e ottenne una parte di un braccio che fu ricevuta nella laguna con pompa straordinaria. Giunse la santa reliquia, chiusa in una teca preziosa di notte a Fusina dove stava aspettando un peatone ducale riccamente addobbato e con moltitudine torce accese. Una grande quantità di gondole facevano corteo. Al Molo venne ricevuta da Benedetto Erizzo, primicerio di San Marco, che la portò processionalmente in Basilica dove dopo alcune cerimonie, fu consegnata ad Alvise Mocenigo, procuratore, perchè la riponesse nel Tesoro.

Oggi la preziosa reliquia è nella chiesa della Salute, nell’altare dedicato al grande Taumaturgo, proclamato dalla Repubblica uno dei suoi protettori. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 14 giugno 1931.

Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Palazzo Civran sul Canal Grande, Campanile di San Giovanni Grisostomo, Altare di Sant’Antonio nella Chiesa di San Giovanni Grisostomo, Chiesa della Madonna della Salute, Chiesa di San Giovanni Grisostomo, Altare di Sant’Antonio nella Chiesa della Madonna della Salute.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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