L’autocrocifissione di Matteo Lovat, calzolaio da Sant’Alvise, nel Sestiere di Cannaregio

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Calle de le Muneghe. Sestiere di Cannaregio

L’autocrocifissione di Matteo Lovat, calzolaio da Sant’Alvise, nel Sestiere di Cannaregio

Negli ultimi anni della Repubblica abitava in Calle de le Muneghe, nella parrocchia di Sant’Alvise, un calzolaio tale Matteo Lovat, nato in Casale di Zoldo, e qui da parecchi anni dimorante. Egli era un maniaco religioso; ogni mattina all’alba, con qualunque tempo, usciva di casa e visitava ben sette chiese; verso sera lo si vedeva inginocchiato nella cappella dell’altare maggiore di Sant’Alvise, in estasi dinanzi al quadro del TiepoloCristo con la croce sulla via del Calvario“. Di quasi tutti i suoi guadagni egli faceva carità, e non c’era poverello nella contrada e non c’era bambino che non avesse avuto dal buon calzolaio un aiuto, un conforto, un regalo.

Caduta la Repubblica, cominciarono per Matteo gli anni infelici; si distruggevano i monasteri, si demolivano le chiese. Una sera di luglio, che si era spinto fino a San Marco, vide attorno all’albero della libertà una folla scalmanata ballare e gridare, e tra essa qualche patrizia scarmigliata e discinta. Fu un crollo per lui, quasi una forte mazzata sul capo, e ritornò alla sua casetta triste, pensieroso, abbattuto.

Il giorno dopo non uscì, ma si sentiva di dentro la casa un gran martellare, lo videro verso sera comperare una corda e dei lunghi chiodi; a chi gli parlava non rispondeva e chiusosi nella sua cameretta non si udì più nulla.

Nel mattino seguente uno spettacolo orribile appariva ai primi passanti per la Calle de le Muneghe di Sant’Alvise; dalla finestra del calzolaio, pendeva, attaccata all’architrave mediante una grossa fune, una gran croce ed inchiodato su quella il calzolaio tutto nudo. I piedi erano tutti e due trapassati dai chiodi, sul petto aveva un’ampia ferita, sulla testa sanguinante portava infitta una corona di spine, il torso legato alla croce, le braccia a penzoloni, le parti virili completamente tagliate. Lo spettacolo era davvero orribile, ed il sangue gocciolava sulla strada.

In un baleno la calle fu piena di gente, alcuni pietosi salirono e staccarono dalla croce lo sventurato. Portato all’ospedale visse ancora qualche mese in un mutismo assoluto, forse convinto che l’esempio di quel suo martirio era stato inutile contro i peccati del prossimo. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 29 novembre 1924.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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