La leggenda delle Arpie scolpite nei capitelli delle lesene del Palazzo dei Camerlenghi, nel Sestiere di San Polo

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Palazzo dei Camerlenghi a Rialto. Sestiere di San Polo

La leggenda delle Arpie scolpite nei capitelli delle lesene del Palazzo dei Camerlenghi, nel Sestiere di San Polo

Sulla facciata del palazzo dei Camerlenghi, che sorge fianco al ponte di Rialto dalla parte che porta in Erbaria, e precisamente sui capitelli delle due lesene che fiancheggiano l’arco di entrata nel palazzo, vi sono scolpite due figure nude; una di donna, l’altra di uomo.

Secondo una volgare tradizione esse alluderebbero, ad un fatto accaduto quando si cominciava a parlare della costruzione in pietra del ponte, allora in legno. Nel mezzo il ponte si apriva, ed in quella mattina era appunto alzato per lasciare libero transito ad alcune grosse barche; la gente, impedita di passare, mormorava e fra questa, la più arrabbiata, era tale Angela del Castelletto di San Matteo che pareva avesse gran fretta per le sue faccende. “Ancora per poco, i lo fa de piera adesso, parona!” interruppe uno alle proteste dell’Angela; e questa rispondeva: “Aspeta caro! quel zorno la me mona a ciaparà fogo!“, ed altro popolano subito: “I lo farà de piera quando el me casso farà l’ongia!“. Una grassa risata; e la leggenda arrossendo si rifugiò nei capitelli del palazzo dei Camerlenghi. (1) Ma sul significato di quei bassorilievi si può dare un’altra spiegazione, meno boccacesca.

Infatti i capitelli delle lesene del pianterreno del Palazzo dei Camerlenghi, su quattro lati del palazzo, sono tutte decorate con delle teste giovanili a tutto tondo e delle ramaglie, ma il quinto lato, quello che guarda verso il Ponte di Rialto, è decorato con delle figure grottesche, un leone di San Marco e una bilancia con un teschio.

Il significato di questi bassorilievi può essere messo in relazione con la funzione pubblica che esercitavano le magistrature che qui avevano sede; i Camerlegni de Comun, i Governatori alle Entrate, e i Cinque Savi alla Mercanzia. Sui due pilastri centrali sono scolpite due figure mostruose, con il corpo metà di uccello rapace e metà umano, delle arpie, che in mitologia sono responsabili di tutto quello che scompare, e che rappresentano i ladri e i truffatori. Una delle arpie, dal sesso incerto, è rappresentata con del fuoco tra le zampe, l’altra, dal volto maschile, è rappresentata con tre zampe, la terza zampa al posto dei genitali. Il leone con il libro aperto, scolpito nel pilastro d’angolo verso il Canal Grande, rappresenta il potere della Repubblica, la bilancia, con un teschio sovrastante, scolpita nel pilastro d’angolo verso la Naranzeria, ricorda l’esercizio della giustizia, che ha volte può essere crudele fino alla morte.

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 9 febbraio 1924

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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