La leggenda del Sacro Chiodo, dalla Chiesa di Santa Chiara a quella di San Pantaleone, nel Sestiere di Dorsoduro

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Chiesa di San Pantaleone vulgo San Pantalon - Dorsoduro

La leggenda del sacro chiodo, dalla Chiesa di Santa Chiara a quella di San Pantaleone, nel Sestiere di Dorsoduro

Sull’area dove oggi s’innalza l’Ospedale militare di Santa Chiara (oggi Questura) sorgevano un tempo la chiesa e il convento di Santa Maria Madre del Signore, di monache Francescane. La costruzione dei sacri edifici risaliva al 1236 quando sier Giovanni Badoer della contrada di San Tomà regalava a suora Costanza venuta dalla città di Assisi una piccola isola “in confin sancta Crucis in canal de Zirada” nell’estremo limite settentrionale del Canal Grande.

Qualche anno dopo la chiesa e il convento presero il nome di Santa Chiara che mai più abbandonarono, e le suore più tardi passarono sotto la giurisdizione del patriarca di Grado, poi di quello di Castello il quale, il 12 agosto, giorno dedicata alla Santa, visitava la chiesa ed era ricevuto con solenne cerimonia.

Su quel convento correva una strana leggenda tramandata oralmente di secolo in secolo, accennata in qualche cronaca antica, e narrata nel suo particolari in una vecchia scrittura della monaca Maria Felice della Vecchia abadessa di Santa Chiara nei primi anni del Cinquecento, circa due secoli e mezzo dopo avvenuta la singolare avventura.

Era il 15 marzo del 1262, la notte era calma ma il cielo nuvoloso, un silenzio profondo pesava sulla contrada deserta di quel sito limitrofo con la laguna verso la terraferma, soltanto un piccolo lume ad olio sotto il portico della chiesa di Santa Chiara rompeva in breve cerchio l’oscurità profonda. A tre ore di notte una barca si arrestò sulla sponda della fondamenta e ne sbarcò un pellegrino; sembrava stanchissimo, con la destra si sosteneva sull’alto bordone mentre sotto il braccio sinistro stringeva una piccola cassetta. Si guardò d’intorno, vide il lumicino della chiesa, il nero profilo dell’attiguo convento e si diresse lentamente da quella parte. Giunto alla porta del monastero di Santa Chiara batté col grosso bastone, poco dopo una voce femminile dall’interno chiese chi fosse, ed egli rispose. Cosa rispondesse nessuno seppe mai, fatto è che la porta si aperse, il pellegrino consegnò la cassetta e ritornò lento e grave verso la barca che l’attendeva.

La cronachetta della monaca Maria Felice, perduta nell’incendio avvenuto verso la metà del Cinquecento, diceva che con la cassettina l’affaticato pellegrino aveva affidato anche un anello con cinque diamanti neri in croce, pregando di non consegnare il sacro deposito se non a colui che avesse presentato un anello uguale come segno di riconoscimento. Il cofanetto, elegante fattura di rame cesellato in oro, venne dalle monache deposto sopra una mensola accanto all’altare maggiore e cominciarono allora cose strane e miracolose nella chiesa di Santa Chiara. Alcune “zaghete“, giovani monache converse, scese nella chiesa a pregare dopo il tramonto, videro l’altare tutto illuminato da grandi raggi di luce che uscirono attraverso il metallo della misteriosa cassetta; suor Teresadi ca’ Malipiero” da circa tre anni affetta da male incurabile, una specie di ulcera maligna facciale, volle posare il viso sulla cassetta e pregando guariva nello stesso giorno; uno spaventoso uragano proveniente dalla terraferma devastò i conventi e le chiese della Croce, di Santa Lucia, dello Spirito Santo, lasciando incolume la vicina Santa Chiara, primo luogo incontrato nel suo calamitoso cammino.

Le monache dinanzi a tali fatti miracolosi, che ormai correvano per la città, decisero di aprire il cofanetto, ma mentre aspettavano la decisione del patriarca Maffio Contarini lo trovarono una mattina aperto e videro in esso un lungo chiodo e una breve scrittura latina con la quale si affermava essere quello uno dei chiodi che avevano trafitto i piedi di Gesù, recato da Gerusalemme da San Luigi di Francia e colà depositato per volontà divina. Per molti anni e molti giorni la chiesa di Santa Chiara ebbe una straordinaria processione di visitatori, tutti volevano venerare la santa reliquia e tutti offrivano ceri, denari, voti, gioielli tanto che si costruì un nuovo altare per il “chiodo di Cristo“, e i patrizi della contrada offrirono una lampada d’argento che doveva stare accesa giorno e notte.

Nel 1807 la chiesa e il convento vennero chiusi, più tardi gli edifici furono ridotti ad Ospedale Militare, ma la leggenda del chiodo continuò ancora per molti anni ad esser raccontata dai vecchi della contrada di Santa Chiara, e ancora oggi qualcuno la ricorda venerando la preziosa reliquia che si conserva nella chiesa di San Pantaleone dove venne trasportata. (1)

Oggi però del Sacro Chiodo non vi è più traccia, e non si sa neppure che fine abbia fatto, rimane solo il reliquiario vuoto.

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 24 settembre 1931

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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