La Cavallerizza in Fondamenta de le Convertite, nell’Isola della Giudecca
Accanto al convento delle Covertite nella parrocchia di Santa Eufemia dell’Isola della Giudecca, si stendevano delle grandi ortaglie che erano state ridotte nel 1798 a cavallerizza con intorno le stalle e alcuni piccoli padiglioni per ristoro, gioco e riposo dei molti frequentatori. Dopo qualche mese il locale era divenuto di gran moda, aveva trenta cavalli, una pista ampia per le corse, vasti giardini per le carrozze e nei suoi padiglioni regnava la più licenziosa baldoria. I giovani patrizi vi accorrevano in calzette di seta bianche “velada a l’inglese, camisola e ventoleta e braghesse con fiuba al zenoceto“, le donne “in cotolete curte, calze recamate, petorine tutte averte e cappelletto tondo“. Vi era in quelle allegre riunioni equestri uno strano miscuglio di patrizi e avventurieri, di dame e cortigiane, di forestieri e lenoni, di maschere e ballerine.
Fra le donne primeggiava sul suo cavallo pomellato la bellissima Correreta, una mantenuta dal patrizio Linardo Correr di Santa Fosca, la quale vestiva sempre gran “abiti richi ma scandalosi“, veniva poi l’Anzola Balbi di Santa Giustina, “con li ochi ben marcati e li brazzi scoverti a la lavandera“, e terza era una bella greca di Corfù “che diseva sempre si e mai de no“. Erano chiamate la tre Grazie “busarone” e i patrizi andavano pazzi per loro ed erano sempre attenti quando smontavano da cavallo per prenderle in braccio e portarle a sedere.
La nobildonna Chiara Pisani in Barbarigo preferiva al cavallo in carrozza e le spasimavano attorno il cavaliere di San Marco Daniele Dolfin e i patrizi Marco Badoer e Zuane Barbaran di San Moisè che durante la corsa le offrivano fiori, dolci e madrigali. La Correreta quando andava in carrozza si sedeva sempre sulle ginocchia dei cavalieri, dichiarando che quella era l’ultima “moda venuda de Franza“.
Al tramonto si accendevano i lumi “et era molto bello a veder tutto chiaro come zorno“; nei padiglioni cominciavano le cene e poi si andava al fresco nei giardini e tra canti e suoni si ballava e si faceva all’amore. Spettatrici di tali baldorie erano le curiose monache delle Convertite presso il cui convento si trovava la Cavallerizza. Infatti lungo il muro, a levante del gran campo, davano le celle del monastero, dalle cui finestre senza grate le monache potevano assistere “a li depravosi costumi de quelli schandalosi” ed essere così a parte di quanto colà succedeva “et ciò facevano le muneghe con gran frequanza di zorno e di nocte“. E non era raro il caso che tra le richiuse e le gaudenti corressero saluti e gentilezze: dal basso all’alto si gettavano confetti, dolci e frutta, e dalle finestrelle baci e fiori.
La Cavallerizza della Giudecca venne chiusa alcuni mesi prima della caduta della Repubblica, e la Correreta, che si può dire ne era stata la maggior attrattiva, recatasi a Milano con un lenone francese, maltrattata e derubata, si uccideva con un colpo di pistola il 2 aprile 1797. (1)
Dal racconto del Malgarotto s’intuisce che l’area, dove era ubicata la Cavallerizza, era ad ovest del convento delle Convertite (poi ridotto a Carcere Femminile), nell’ampia ortaglia dove, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, troverà posto l’azienda agricola di Mazzega Osvaldo e nel 1943 la Scalera Film.
(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 28 agosto 1927
Fondamenta de le Convertite, nell’Isola della Giudecca, probabile luogo della Cavallerizza.
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