I teatri dei Grimani; il Teatro Malibran e il Teatro di San Beneto
Don Diego Zunica, scrittore e viaggiatore spagnolo della fine del seicento, scriveva: “Venezia: Elena delle citta di Europa, Regina dell’Adriatico, Gloria della natura, Superbia dell’arte, si contrassegna fra tutte le città d’Italia nella magnificenza e nella eleganza dei suoi quattordici teatri“.
Ma tra i quattordici, il più grande teatro lirico della Repubblica nel primo quarto del Settecento era quello di San Giovanni Grisostomo, oggi teatro Malibran, il teatro allora più famoso dell’Italia e forse d’Europa, capace di circa duemilasettecento spettatori.
Lo aveva fabbricato nel 1674 il patrizio Giovanni Grimani sul terreno sopra il quale sorgevano le case dei Polo, prospicienti a quanto sembra sulla corte del “Milion“, così chiamata a ricordo dell’opera famosa “Il milione“, racconto dei viaggi compiuti tra il 1271 e il 1295 dal celebre Marco Polo nell’estremo Oriente alla Corte del Gran Mogol.
La potente e ricca famiglia Grimani del ramo di San Luca aveva sempre avuto una forte predilezione per tutte le forme del teatro, ma specialmente, per quella del teatro, tanto che Girolamo Grimani aveva fabbricato nel 1639 un teatro a San Zanipolo, vicino alla Calle della Testa, e sedici anni dopo quello di San Samuele dove più tardi Carlo Goldoni tentava le prime prova fortunate della sua genialissima riforma.
Il teatro di San Giovanni Grisostomo si aperse al pubblico nel 1678 e fu per tutti una meraviglia: sier Giovanni Grimani non solo aveva fatto costruire uno tra i più vasti e armoniosi teatri d’Europa, ma vi aveva recato tali modificazioni da renderlo unico nel suo genere.
Negli altri teatri gli spettatori prendevano posto sulle sedie, sulle gradinate di legno, nelle gallerie, il patrizio invece istituì per primo quelle file di stanzini sovrapposti gli uni agli altri, chiamati “palchetti“; dal soffitto, dipinto ad affreschi dal Liberi, scendeva per mezzo di un meccanismo un gran lampadario e sei bracciali, decorato di stoffa d’oro e d’argento, che scompariva durante la rappresentazione, precursore delle usanze attuali, per dar maggior risalto alla scena; i palchetti, trent’uno per ogni ordine ed erano cinque gli ordini, scintillavano di sculture dorate che imitavano vasi, anfore, conchiglie, uomini armati, gruppi d’amorini, simboli e maschere; un ambiente infine lussuoso, originale, artistico.
Ingenti somme furono spese per la sua costruzione e non meno ingenti per le sue rappresentazioni: per le scene e i meccanismi furono chiamati gli artisti più celebri come Giacomo Torello da Fano, il bolognese Ferdinando Bibiena, i veneziani Francesco Zanchi e Andrea Urbini, fra i cantanti i primi dell’epoca, fra gli autori un Giulio Corradi, un Monteverdi, un Pallavicino, un Lotti, un Paisello; il Metastasio iniziò la sua gloriosa carriera al teatro del Grimani con la “Didone abbandonata” e per tal teatro scrisse il “Siro re di Persia” musicato da Leonardo Vinci.
Un vivo splendore d’arte teatrale, dovuto specialmente alla famiglia Grimani, correva per Venezia e sembrava quasi un compenso all’oscurarsi della sua vita politica.
Ma purtroppo l’arte non ricambiò i sacrifici fatti per essa, ma se tuttavia i capitali della ricca famiglia ne soffersero, pure erano ancora abbastanza cospicui quando un Girolamo Grimani, nipote di Giovanni, visto che il primato di San Giovanni Grisostomo andava scomparendo di giorno in giorno in rapida discesa, pensò di costruire sopra un terreno vacuo nella parrocchia di San Beneto, un nuovo teatro con attrattive più moderne e sorse così nel 1755 il teatro di San Benetto, ora Rossini, che divenne per poco tempo il teatro più elegante di Venezia.
Ma i Grimani, artisti nell’anima, non sapevano nulla di affari, e all’imperizia affaristica si aggiunse anche la sfortuna poiché dopo appena sedici anni il teatro di San Benetto bruciava. Si rifece con somma spesa, fu celebre la festa da ballo datasi in esso nel 1780 in onore dei Conti del Nord, ma ormai la famiglia Grimani era quasi rovinata e il suo bel sogno d’arte svanito.
Caduta la Repubblica, i due maggiori teatri dei Grimani passarono alla famiglia Gallo, ma nella seconda metà dell’Ottocento un Antonio Gallo volendo tentare l’attuazione del bel sogno d’arte dei Grimani finiva anche lui completamente rovinato. (1)
(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 27 novembre 1930
Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Cinema Teatro Rossini già di San Beneto, Corte Berlendis, Corte 2a del Milion, Corte 2a del Milion, Calle Berlendis, Teatro Malibran, Fondamenta del Teatro, Corte 2a del Milion, Corte Berlendis, Teatro Malibran, Teatro Malibran in Fondamenta del Teatro.
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