La Scuola dei Picai (impiccati), a San Fantin, nel Sestiere di San Marco

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Scuola di Santa Maria di Giustizia o di San Girolamo ora Ateneo Veneto a San Fantin. Sestiere di San Marco

La Scuola dei Picai (impiccati), a San Fantin, nel Sestiere di San Marco

Fin dal 1411 si era raccolta nella chiesa di San Fantino una confraternita chiamata di Santa Maria della Giustizia o della Buona morte, col pietoso intendimento di accompagnare e confortare i condannati al patibolo e dar loro sepoltura. Questa scuola, circa quarant’anni più tardi, si unì a quella di San Girolamo, fondata con lo stesso scopo, e si formò così una sola confraternita che ebbe stanza in un edificio in Campo San Fantin; distrutto quasi interamente l’edificio nel 1562 da un incendio, i confratelli pensarono di ricostruirlo in forma più eletta e più grandiosa. Sorse quindi la scuola attuale costruita da Antonio Contin di Bernardino, con il consiglio di Alessandro Vittoria, e la cui facciata in pietra d’Istria a due ordini ricorda il tramonto classico commisto a concezioni barocche.

La monumentale scuola soppressa nel 1806, spogliata di gran parte delle sue opere, veniva, con decreto napoleonico del 1811 concessa alla “Società veneta di Medicina” la quale unitasi con altre società culturali, dette fondamento al nostro “Ateneo Veneto“, sede di progresso delle scienze e delle lettere, nonché vindice di libertà quando nelle sue sale tuonava la parola di Nicolò Tommaseo e di Daniele Manin.

La sala terrena, oggi sala delle conferenze, era l’oratorio pubblico della confraternita, adorno di due altari, quello del “Crocifisso” e l’altro di “San Girolamo” le cui statue in bronzo erano di Alessandro Vittoria, trasportate nel 1811, insieme agli altari di marmo nero di paragone, nella chiesa di San Zanipolo. Al posto dei due altari vennero collocate due tele di Paolo Veronese e di Jacopo Tintoretto, la prima l'”Assunta“, l’altra “San Girolamo riceve doni dai mercanti“, tolte dalla sacrestia della scuola; il soffitto invece rimase intatto con i suoi tredici comparti, ornato dai dipinti di Jacopo Palma il giovane. Nel piano superiore stava l’antico “Albergo piccolo“, ora sala Tommaseo, del Segala e nella attigua ampia sala di lettura, un tempo “Albergo grande” rivestito di bancali e di tele del Palma, del Tintoretto, del Veronese, oggi disperse, rimane appena qualche opera del Benfatto e alcuni monumenti di medici e letterati.

Comunemente la vecchia confraternita era chiamata la “Scuola dei Picai” e i fratelli nell’adempimento del loro lugubre incarico vestivano una cappa nera stretta ai fianchi da un cingolo, il capo e il viso erano coperti da un cappuccio nero e sul petto ricamato in bianco spiccava un Cristo in croce. Si raccoglievano nella prigione del condannato la notte prima dell’esecuzione e appena cominciava a suonare la campana del Maleficio lo accompagnavano pregando, con le candele accese e il gonfalone di San Girolamo, fino al patibolo.

Nell’agosto del 1623 tale Domenico Baldin di Spinea per sentenza del Consiglio dei Dieci doveva essere impiccato come “ladro et sassino da strada“. L’ultima notte era rimasto a confortarlo nel carcere un solo confratello della scuola, quando il Baldin nella semioscurità, afferrato uno sgabello lo assalì spaccandogli il cranio, indossata poi la cappa nera e aperta la porta del carcere, scese nel cortile del Palazzo Ducale prendendo la fuga.

La scuola subiva nel 1712 un furto di argenti e il ladro, tale Iseppo di Castello fu arrestato, ma la roba non venne ricuperata. Condannato alla forca, i confratelli per i loro voti dovettero assisterlo e confortarlo pregando però a denti stretti “per quello infame ladro e sacrilego“.

Nell’Archivio Veneto, rivista di storia e letteratura veneta, fu pubblicato alcuni anni or sono un aneddoto scherzoso sulla scuola di Santa Maria della Giustizia. Essa era in litigio, negli ultimi tempi della Repubblica, sui diritti di possessione di una casetta situata verso corte Minelli, anticamente chiamata dei “Maccarelli“, le cui case nel 1670 passarono ai Minelli per diritto di eredità, il litigio durava da qualche tempo, con le sorelle Bettina ed Anna Vidoni, due notissime cortigiane, domiciliate in una loro abitazione a pochi passi dalla scuola.

Finalmente un bel giorno si svolse la chiusa presso la Quarantia Civile, e fu allora che si sparse per la città il seguente epigramma:

Gran sussuro, gran schiamazzo
Xe sta fato ancuo a Palazzo
Tra la scuola dei Picai
E la casa dei Peccai
” (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 24 giugno 1923 e 28 febbraio 1928.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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