Un santo ignoto, nella sagrestia della Chiesa di San Giobbe, nel Sestiere di Cannaregio

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Sacrestia della Chiesa di San Giobbe. Nella cappellina sullo sfondo, sotto il trittico di Antonio Vivarini rappresentante l'Annunciazione, il sarcofago del santo ignoto

Un santo ignoto, nella sagrestia della Chiesa di San Giobbe, nel Sestiere di Cannaregio

Il giorno 16 agosto del 1463 una galera mercantile entrava nel porto “de li due Castelli a San Nicolò del Lido” e si ancorava alla punta dell’isola di Sant’Elena, dietro la chiesa. La galera era di sier Marco Zane: veniva dal porto di Spalato e aveva a bordo il corpo di un santo, che si diceva San Luca Evangelista, trafugato da una chiesa della Bosnia. La piccola cassa di finissimo legname intarsiato fu sbarcata a San Nicolò del Lido e data per il momento in custodia al monastero dei Benedettini, avendo il doge Domenico Moro destinata la preziosa reliquia alla chiesa di San Giobbe profeta.

Intanto essendosi sparsa per tutto il territorio veneto la notizia, i padri Cassinesi di Santa Giustina di Padova protestarono subito affermando: “di havere essi soli nella loro glesia li sacro corpo dil Santo morto in Bitinia et da Costantinopoli condotto a Padova”.

In breve la protesta del convento divenne protesta cittadina e tutti ad una voce dicevano che l’Evangelista venuto da Spalato era un falso San Luca e un falso Evangelista.

A dar più esca alla protesta, il giorno 17 dicembre 1463 il doge volle che “col Bucintoro fusse tolto il detto corpo santo da San Nicolò del Lido et andò anco lo dose con la Signoria et li Canonici de sancto Marco et portarono il corpo a San Geremia dove smontati, con processione granda di clero et di frati fo portato a sancto Ioppo”. Dinnanzi a quella ufficiale affermazione della identità del Santo vennero a Venezia i deputati di Padova Francesco Porcellino, Francesco da Leone e Antonio Capodilista insieme all’abate di Santa Giustina e tutti, presentatisi al doge e alla Signoria, affermarono la fallacia del nuovo San Luca.

La Signoria, alla esplicita accusa, ordinò l’esame dei due corpi al Podestà di Padova, Zaccaria Trevisan, al capitano Lucca da Lezze, ai deputati della città. Coadiuvati dal cancelliere Domenico Spazzarin e da due medici illustri: Paolo Bagelardo da Fiume e Francesco Passeri detto il Genovese.

Aperte le due casse, fu constatato che in quella di Santa Giustina esisteva un corpo di vecchio senza testa, mentre in quella di San Giobbe stava un corpo completo di età giovanile.

Mandate a Roma le relazioni scritte, papa Pio II incaricò il cardinale Bessarione, suo legato in Venezia, di decidere la controversia e questi aggiudicò essere il vero San Luca quello custodito a San Giobbe. I frati di Santa Giustina e tutta intera la città di Padova si ribellarono ché troppo evidente appariva la volontà del Bessarione di favorire i veneziani, e mentre a San Giobbe si cantava il Te Deum e le campane suonavano a festa, a Santa Giustina si facevano processioni, solenni panegirici e gran cantar di litanie.

I padovani ricorsero a Roma e Paolo II, succeduto in quei giorni a papa Pio II delegò due cardinali, Giovanni Caravajo e Bernardo Eurolo da Marni, i quali, premesso che la testa di San Luca evangelista, premessa indiscutibile, si conservava nella Basilica Vaticana; che il corpo custodito a Padova era senza testa, che quello portato di recente a Venezia in tutte le sue parti era completo, decisero di sospendere qualunque culto al santo di San Giobbe. E così fu, dice il Cornaro, “che quel corpo che aveva suscitato tante contese fu relegato nella sagrestia et ancora vi sta inglorium”, cioè senza gloria di culto.

Difatti anche oggi nella cappellina in fondo alla sacrestia di San Giobbe si vede una cassa di noce contenente il corpo del Santo sconosciuto, un santo ignoto nella lunga teoria dei santi cristiani, un povero santo senza culto di preghiere, senza luci di torce, senza fumo d’incenso, abbandonato tutto solo nella tristezza silenziosa della piccola sagrestia. (1)

Il riconoscimento del santo e la restituzione dei resti alla Chiesa Ortodossa Greca

Il santo che si trovava nella sacrestia della chiesa di San Giobbe, dentro un sarcofago di nobilissima fattura, racchiudeva i resti di quello che si pensava fosse San Luca Evangelista, qui giunto dalla Bosnia nel 1463 e dal doge Cristoforo Moro fatto depositare in questa chiesa allora in lavorazione. Ne fu subito contestata l’autenticità e, per questo motivo è sempre rimasto in sacrestia. Il coperchio, oltre all’immagine dell’evangelista, ne porta pure il simbolo del bue alato. Trattasi invece di “Osios Lukas” il Beato Luca, monaco orientale, fondatore del monastero Steirion, nella Focide (Grecia), morto il 7 febbraio del 953, molto venerato per la sua vita santa e per i miracoli operati presso la sua tomba. Nel 1200 sopra di essa venne costruita una magnifica basilica. Arrivato a San Giobbe, come detto sopra, per metterlo in salvo dall’invasione dei Saraceni, ne fu proibito il culto perché non poteva essere l’evangelista. Si diceva che avrebbe potuto essere San Luca Stiriota ma non se ne ebbe certezza fino a che non arrivò documentata richiesta dalla chiesa orientale.

Il 14 gennaio 1986 venivano tolti i resti mortali dal sarcofago e portati al Palazzo patriarcale, dove, il 10 dicembre dello stesso anno venivano consegnati dal Patriarca Cardinale Marco Cè alla Delegazione di Prelati della Chiesa Ortodossa Greca, venuta a Venezia per riceverli e restituirli alla chiesa del suo monastero. (2)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 13 maggio 1928.

(2) P. FERDINANDO FINOTTO (a cura di). San Giobbe. La Chiesa dei Santi Giobbe e Bernardino in Venezia. (Cooperativa Novastampa. Verona 1994)

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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