La Chiesa di San Giobbe, una chiesa quasi sconosciuta, nel Sestiere di Cannaregio

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Chiesa di San Giobbe - Sestiere di Cannaregio

La Chiesa di San Giobbe, una chiesa quasi sconosciuta, nel Sestiere di Cannaregio

Situata in uno degli angoli più pittoreschi e tranquilli della città, trascurata o addirittura ignorata dai visitatori di passaggio, poco conosciuta dagli stessi veneziani che non abitano nella contrada, è la vecchia chiesa di San Giobbe, la sola chiesa, oltre a quella di San Zaccaria, che vanti a Venezia opere di arte toscana.

Dove essa sorge vi era nel 1378 un ospizio di poveri fondato dal patrizio Zuane Contarini al quale egli aggiunse qualche anno più tardi un oratorio sacro a San Giobbe profeta, officiato prima dagli Eremitani poi dai Minori Osservanti. In questo oratorio, ospite dei Francescani, predicava nel 1443 frate Bernardino da Siena, intimo amico e consigliere del senatore Cristoforo Moro, il quale fatto doge, per onorare l’amico morto e beatificato volle costruire, accanto all’oratorio, una nuova chiesa e ingrandire e restaurare il convento.

Così sorse verso il 1468, sotto il dogado del Moro, la bella chiesa di stile archiacuto dedicato tanto a San Giobbe quanto a San Bernardino, con una facciata e l’ingresso che segnano una delle prime affermazioni artistiche della Rinascenza, annunciata dal portale elegantissimo dei maestri Lombardo, opera fra le più nobili per abilità decorativa, le cui tre statue nella parte superiore sono fattura di Pietro, il più celebre della famiglia Solari.

L’interno è a una sola navata; quattro altari e una cappella a destra, quella dei Contarini; cinque cappelle a sinistra tra cui quelle dei Festa, dei Martini, dei Grimani; sul fondo il Presbiterio con il grande arco trionfale e il profondo coro, dietro l’altar Maggiore e le due cappelline laterali dei Corner e dei Marin, squisite costruzioni della prima Rinascenza.

I quattro altari avevano nel cinquecento pale famose; l’altar dei Foscari, il primo a destra, si ornava di un “Cristo nell’Orto” di Marco Basaiti; il secondo di stile lombardesco conteneva il famoso dipinto “La Vergine in trono con Angeli e Santi” di Giovanni Bellini, il terzo, l’altare dei Sanudo, racchiudeva una pala del Carpaccio “La presentazione di Gesù al Tempio“, l’ultimo, apparteneva alla Scuola dei barcaioli del traghetto di Marghera e di Mestre, era decorato di una tavola di Paris Bordone rappresentante Sant’Andrea, San Pietro e San Nicolò.

Nei primi anni dell’ottocento i tre primi dipinti furono tolti e trasportati nelle nostre Gallerie fra le più celebri opere della pittura veneziana, il quadro del Bordone, colorista vivace e vigoroso, rimase invece sull’altare per il quale fu dipinto, e su quello dei Foscari alla pala del Basaiti si sostituiva, proveniente dalla Chiesa dei Furlani a Sant’Antonino, una tela di Gaspare Diziani, pittore non comune nativo di Belluno.

La Chiesa di San Giobbe ha perduto tre capolavori insigni, ma molto le rimane ancora per avere il diritto di essere visitata ed ammirata; nel lato sinistro tra le cinque cappelle, quella appartenente ai Martini, famiglia cittadinesca, proprietà poi dei Vendramin, segna il trionfo dell’arte toscana, dalla volta a terrecotte robbiane, con cinque tondi del Redentore e degli Evangelisti, all’altare leggiadrissimo di Antonio Rossellino di Settignano, alle statue dello stesso autore, ai due Angeli portacandelabri e alla e alla Pala marmorea.

Nella cappella dei Grimani, dedicata a San Luca, la decorazione architettonica a rilievi ed a nielli è di scuola lombarda del cinquecento e l’altare e la prima statua di San Luca sono opere di Lorenzo Bregno, mentre la pala che adorna la terza cappella dei Testa reca un dipinto su rame, “La Pietà fra due Santi” di Carletto Caliari, figlio del grande Veronese.

Nel Presbiterio, la pietra tombale del doge Cristoforo Moro che, insieme alla moglie Cristina Sanuto, giace sepolto è del più puro stile lombardesco di Pietro Lombardo, di fattura gotica, è l’ultimo avanzo dell’antico oratorio, la sacrestia reca dipinti di Antonio Vivarini, di Gentile Bellini, di Andrea Previtali; un busto in terracotta di Bartolomeo Bellamo e il ricco soffitto a cassettoni.

Nel pittoresco e tranquillo angolo di Venezia vicino alla laguna che guarda verso il territorio Mestrino, sorge la Chiesa di San Giobbe quasi dimenticata, un vero museo di arte nostrana che vide gli splendori del dogado di Cristoforo Moro, la cui visita annuale ricordava la sua amicizia al Beato Bernardino da Siena. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 20 ottobre 1929.

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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