La piccola Chiesa di San Basso, nel Sestiere di San Marco

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Chiesa di San Basso - Sestiere di San Marco

La piccola Chiesa di San Basso, nel Sestiere di San Marco

Francesco Sansovino nella sua “Venezia città nobilissima et singolare” pubblicata nel 1580, trattando della chiesa di San Basso, così ne scrive: “Per fianco san Marco verso lo horiuolo è la piccola chiesa di san Basso, la quale fu ricca altre volte di più di duemila ducati di entrata, ma snervata da un suo piovano per farsi vescovo, fatta debile non tiene altro di buono in lei se non una palla depinta da Lunardo Boldrono et la memoria in sepolcro di Giambattista Adriani, Segretario del Consiglio dei Dieci, huomo già di nobile ingegno et di maneggio“.

Il pittore Boldromo, così chiamato dal Sansovino, era invece Leonardo Boldrin vissuto a Venezia nella seconda metà del quattrocento e che aveva dipinto per la chiesa un “San Basso vescovo in orazione dinanzi alla Vergine“, pregevole quadro scomparso verso la metà del secolo decimosettimo.

Il pievano che aveva attinto a pieno mani nelle rendite della chiesa per essere eletto vescovo si chiamava prete Lorenzo Zapella, ma né le raccomandazioni, né le protezioni, né le preghiere valsero a smuovere domino Antonio Suriano, patriarca di Castello nel 1506, che ben lo conosceva per intrigante, ambizioso e di mediocre coltura.

La “piccola chiesa di san Basso” fu innalzata, raccontano le antiche cronache, nel 1076 dalla famiglia Elia, antica famiglia tribunizia spentasi nel quattrocento, ma un secolo dopo un famoso incendio cominciato in “ca’ Zantani a san Tomà“, distrusse quasi ventitré contrade e ben ventidue chiese tra le quali anche quella di San Basso. Ricostruita dopo qualche anno, divenne chiesa parrocchiale e la contrada di San Basso era allora limitrofa a quella di San Geminiano, poiché la Chiesa di San Marco non era che la Cappella Ducale e come tale alle dirette dipendenze del doge che vi nominava il Primicerio, “gubernator ecclesiae sancti Marci“, al quale era conferita autorità quasi episcopale, ed era affidata alla tutela dei Procuratori di San Marcode supra“.

Il 25 marzo 1661 in chiesa di San Basso eravi “il perdon di Cristo et la espositione dil Santissimo Sacramento“; e la chiesa era parata a festa con gran festoni di seta, damaschi di drappo d’oro e candele innumerevoli su tutti gli altari. Verso il tramonto, senza che alcuno se ne accorgesse, le candele accese dettero fuoco ai festoni e in breve la piccola chiesa fu un grande falò: corsero le maestranze dell’Arsenale, fanti, guardie e dalmati, l’incendio venne isolato ma la chiesa completamente distrutta. Dopo sei anni fu rifabbricata su disegno dell’architetto Giuseppe Benoni con la bella facciata di ispirazione classica e l’interno “venne accresciuto per altezza con mezze lune che l’illumina, et si rifecero gli altari alla moderna con marmi et con altri ornamenti, gli Procuratori di san Marco regalarono sei candelabri di argento et la Signoria altre robe di gran valore“. E la chiesa piccola ma bella nella sua nuova costruzione, dopo di essere stata unita al vescovato di Iesolo e per molti e molti anni a quello di Eraclea, passò alla fine sotto la giurisdizione del patriarcato di Castello e fu appunto il 2 maggio 1668 che il patriarca Giovanni Francesco Morosini con solenne funzione ne prese regolare possesso.

Ultimo pievano di San Basso fu don Benedetto Schiavini nato in Santa Maria Zobenigo nel 1743 e nominato canonico di San Marco il 15 novembre 1780. Egli, il più giovane tra i canonisti, era chiamato “il Canonico de la campanela“, poiché racconta il Cicogna, doveva il canonicato alla dogaressa Margarita Delmaz, sposa del penultimo doge Paolo Renier, la quale seccata dalla campanella di San Basso che sonava ogni mattina, gli aveva promesso il posto di canonico in cambio del sacrificio della piccola campana.

Lo Schiavoni obbedì e la dogaressa, dopo qualche mese, manteneva la promessa. La chiesa di San Basso fu chiusa nel 1810; dispersi o trafugati tutti i suoi arredi: oggi è cantiere pei lavori dell’Opera della Basilica di San Marco che da Cappella Ducale divenne Cattedrale. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 15 maggio 1930.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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