Chiesa di San Giacomo dall’Orio, nel Sestiere di Santa Croce

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Chiesa si San Giacomo dall'Orio - Sestiere di Santa Croce

Chiesa di San Giacomo dall’Orio, nel Sestiere di Santa Croce

La chiesa di San Giacomo dall’Orio secondo alcuni cronisti si chiama dall’Orio perché sorse sopra la più grande di quel gruppo di isole che nei primi tempi, forse perché infestato dai lupi che venivano dai boschi del Mestrino, si chiamava “de Lupio, de Lupao e anche de Lopio o de Lorio“. Qualche cronicista invece la vuole rifabbricata o almeno restaurata dagli Orio o Aurio, famiglia patrizia della contrada di San Basegio, oggi estinta; altri ancora ne fanno derivare il nome da uno splendido albero di alloro, “de Lauro“, che sorgeva accanto alla chiesa e questa forse è l’ipotesi più logica, avvalorata da una vecchia tradizione che giunse fino a noi tramandata dalla cronaca Magno.

Si racconta che sotto quell’albero di lauro si vedesse ogni giorno verso il tramonto un bel vecchio canuto che spariva poi come per incanto con le prime ombre della sera. Divulgatasi la notizia parecchi isolani corsero a vederlo e uno, il più ardito, chiese al misterioso vecchio: “Chi sei?” e quello rispose: “Figlio fui de Zebedeo, frate di Giovanni quello de l’Evamgelio, nella mia casa visse Maria dopo la morte del Cristo, ebbi il martirio a Jerusalemme sotto Erode Agrippa e riposo in Spagna: son Giacomo Maggiore, apostolo di Gesù“. E sparve e in quel luogo s’innalzò una chiesa dedicata a San Giacomo che fu detto del Lauro, comunemente dall’Orio.

Francesco Sansovino nella sua “Venezia nobilissima“, scritta verso la fine del cinquecento, opina che Orio sia corruzione di “dal rio” e che la chiesa di San Giacomo sia stata così chiamata per avere il prospetto rivolto verso uno stretto canale, ma questa supposizione sansoviniana non persuade, poiché moltissime chiese veneziane hanno la maggior facciata rivolta verso un rivo senza da quello prendere il nome.

Comunque la chiesa di San Giacomo fu fabbricata prima del mille e pare dalle famiglie Campoli da Oderzo e Muli da Conegliano emigrate a Venezia per ragioni di mercatura. Due secoli dopo, cioè nel 1225, minacciando rovina, venne rifabbricata per cura delle case patrizie Badoer e Da Mula e fu soggetta ai patriarchi di Grado, sotto i quali rimase finché il patriarcato gradese si fuse col vescovato di Castello. Anche ai tempi del Sansovino la chiesa ebbe un radicale restauro ma conservò sempre, con bell’effetto architettonico, il tipo di costruzione a pianta basilicale.

Pochi veneziani conoscono dal lato artistico la chiesa di San Giovanni dall’Orio che possiede, oltre lo splendido soffitto gotico, dipinti di Paolo Veronese, di Jacopo Palma il giovane, di Lorenzo Lotto, di Andrea Schiavone, del Tizianello, pronipote del grande Tiziano e sculture trecentesche e monumenti funebri di arte lombardesca.

Possiede curiosità e cimeli artistici come “la pila dell’acqua santa” formata da una vasca di marmo greco, anticamente forse adibita per il battesimo ad immersione; una splendida colonna di verde antico, probabile avanzo di qualche ricco tempio pagano, e il pergamo marmoreo lombardesco di finissimi marmi e di tipo insolito ma superbo per la sua bellezza.

Di fianco alla chiesa sorge il campanile, torre quadrata, costruzione severa veneta bizantina del dodicesimo secolo innalzato prima che i Badoero rifabbricassero la chiesa.

La facciata principale di San Giacomo dall’Orio, come dicemmo, è rivolta verso il canale e tra il prospetto e il canale si svolge un breve tratto di strada, ma dove invece si distende un vasto campo è dietro all’abside, un grande campo caratteristico veneziano di cui un codice della raccolta Cicogna narra come nei secoli scorsi fosse palestra “alli nostri patrizi per il nobile gioco del Pallone“. Nel 1711, “essendo cresciuto il numero e il valore dei giuocatori risolsero di salizare il soradetto campo et fo messo anche il millesimo dell’anno scolpito in marmo al segno del batter“.

Famosa era la sagra di San Giacomo che avveniva il 24 e il 26 luglio e i “Notatori” del Gradenigo raccontano che nel 1767 mentre fervevano la danze, si consumavano all’aperto le cene, si cantava a squarciagola, cadde dall’alto di un vecchio edificio un poggiolo di ferro trascinando nella caduta il prete Giovanni Battista Zamperetti, sacrista della chiesa, una di lui sorella moglie di Natale Mistura e un’altra giovane loro parente.

Fu subito un affannoso accorrere di gente, ma ormai la giovane era morta, e dopo qualche giorno morivano pure il prete e la sorella. Tutti e tre gli sventurati furono sepolti nella chiesa di San Giacomo dall’Orio. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 2 ottobre 1929.

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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