Sier Lorenzo Marcello della contrada dei Tolentini, e il doganiere Marcone

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Palazzo Marcello, Fondamenta Minotto nella Contrada dei Tolentini - Sestiere di Santa Croce

Sier Lorenzo Marcello della contrada dei Tolentini, e il doganiere Marcone

Il 10 febbraio 1513 il vecchio patrizio Lorenzo Marcello quondam sier Bernardo della contrada dei Tolentini se ne ritornava con la sua barca da Lizza Fusina dove, poco lontano dalle foci del Brenta, possedeva una piccola villa. Era una giornata fredda; aveva nevicato tutta la notte e sulla laguna soffiava un forte vento di tramontava sotto un cielo di piombo.

All’altezza dell’isola di San Giorgio in Alga una barca della dogana avvicinò quella del patrizio e interrogati i barcaioli se portassero merce sottoposta a dazio, questi risposero negativamente, ma gli sbirri vollero procedere alla solita visita e trovarono “sotto alcuni zochi (ceppi) do baffe di porcho (prosciutti) et dita carne la tolsero“. Il capo della barca doganiera, tale Marcone, si rivolse allora a sier Marcello che ben conosceva “et volendo pegno per la multa li vuolse tuor el felze et lui pregando, era vecchio, nol lassasse discoperto disse daria più presto la vesta, et cussì ghe tolse la vesta cum pelo et lassò venir a casa il povero vecchio senza vesta in zipon (farsetto)”.

Sier Lorenzo vi giunse tutto intirizzito, dovette subito porsi a letto e fu miracolo “si non morite per fievre et gran catarro“, ma contro la malattia vinse la robusta fibra del vecchio patrizio.

Intanto casa Marcello portò querela alla Quarantia criminale per il trattamento illegale e prepotente fatto dal Marcone e sier Francesco Orio avogador di Comune lo fece arrestare e chiudere nelle carceri del Palazzo Ducale. Fattogli il processo, chiamati i testimoni e birri e barcaiuoli, il Marcone fu condannato, ad essere frustato da San Marco a Rialto, esposto fino al tramonto di quel giorno in berlina tra le due colonne della Piazzetta e gli fu tolto per sempre l’impiego di doganiere.

Il 23 febbraio doveva aver luogo l’esecuzione: il colpevole fu spogliato fino alla cintola e, tratto dal carcere, gli vennero legate le braccia e affidato al carnefice armato di uno staffile di cuoio e a due fanti del Consiglio dei Dieci. Attraversarono il cortile del Palazzo verso la porta della Carta, ma giunti “sotto il portego de la chiesa di San Marco“, l’ampio porticato Foscari, tre donne si scagliarono contro di loro “con un pugnal per una contra li fanti et li fece tirar in drio et il boia si tirò etiam in drio et le donne taiò la corda e desligarono Marcone et fe’ che lui coresse in chiesa“. Fu una scena fulminea e quando i fanti e il boia si riebbero dalla sorpresa, le donne erano già fuggite e il capo doganiere stava al sicuro in chiesa San Marco. Le tre donne erano la moglie di Marcone e due sue parenti che avevano voluto prender parte all’audace complotto.

Dice il Sanudo commentando il fatto: “Cossa notanda et non più seguita in questa serra, tuor uno di man da la justitia!“. Ma due giorni dopo, una simile scena di ribellione si ripeteva in Campo San Barnaba dove i birri, mentre conducevano in prigione un tale che aveva questionato con un patrizio, sier Anzolo Venier, venivano assaliti da molte donne con graffi e morsi e dovettero mollare il prigioniero che prese la fuga verso San Sebastiano. Però si seppe che tanto nel primo caso quanto in questo secondo di San Barnaba le donne erano spalleggiate, incitate e protette da alcuni uomini che sembravano forestieri e che rimasero sconosciuti.

Il 28 febbraio si convocò l’urgenza il Consiglio dei Dieci e venne subito pubblicato un bando per la città: “se quelle donne verano a nontiar quelli li anno dato aiuto et favor a far quello è stà facto siano libere et assolte, et non venendo nissun chi acuserà habi taia di centa ducati“. Due sole donne si presentarono dichiarando “che quelli homeni erano foresti e digavano mal de li patrici“, ma nessun li conosceva, né mai prima di allora erano stati veduti. Corse voce fossero emissari tedeschi mandati per sollevare il popolo, si cercò di scoprirli ma erano fuggiti come pure fuggito era il Marcone.

Il Consiglio dei Dieci, occupato nella famosa Lega di Cambrai, mise in tacere ogni cosa, tuttavia dette ordine ai Signore di notte di raddoppiare la vigilanza sui forestieri e ai Capi contrada di tener d’occhio le donne ribelli tutte ormai conosciute. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 24 ottobre 1928.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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