I casini (case da gioco e altri divertimenti) a Venezia nel Settecento

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Il Ridotto, ora Hotel Monaco & Grand Canal. Calle Vallaresso - Sestiere di San Marco

I casini (case da gioco e altri divertimenti) a Venezia nel Settecento

Il 27 novembre del 1774 un decreto del Maggior Consiglio mise in subbuglio una parte del patriziato veneziano. Il decreto testualmente diceva: “che la casa situata nella contrada de San Moisè, conosciuta sotto il nome di ridotto, albergo infame di ogni vizio, casa dell’abominio e delle disgrazie, sia, ed esser debba, dal giorno d’oggi, e per tutti i tempi ed anni avvenire, chiusa per sempre a cotesto gravissimo abuso“.

Ma purtroppo la provvida legge della Serenissima non ebbe tutto l’effetto che si attendeva, poiché, chiuso il ridotto di San Moisè, sorsero qua e là, tanti piccoli ridotti che al grande non erano inferiori né per l’audacia del gioco, né per l’immoralità dell’ambiente.

A San Barnaba, al casin dei nobili che stava vicino al “Sotoportego” nel campo, si giocava di grosso, e così al Ponte de l’Angelo dove si radunavano anche i Barnaboti, nobili poveri, che facevano la corte ai vincitori per l’amore di qualche zecchino. Famosi invece per l’immoralità dei costumi erano i due casini di due nobildonne, l’uno alla Giudecca, di Caterina Sagredo Barbarigo e l’altro al Ponte dei Ferali di Maria Pisani. Il Mutinelli nei suoi “Annali Urbani” scrive che in questi ritrovi la dissolutezza si diceva galanteria, l’urbanità sfrontatezza, ed il vizio piacevolezza, il caso non era raro che, all’insaputa l’uno dell’altro, accanto alla moglie in amorosa partita ci fosse il marito con qualche amica del cuore.

A così avvenne che la galante moglie di tale Andrea Sanfermo, mentre tubava col zentilomo Titta Minio nel casino della Pisani, fu scoperta per caso dal marito che era in compagnia allegra di Alvisetta Bernardo, e qui scena tragica, grida, pianti, botte e svenimenti; ma la cronaca di allora racconta che il Sanfermo non era tanto arrabbiato per la constatazione anormale, quanto per il Minio, al posto del quale avrebbe voluto il nobile Alvise Renierfu de ser Bernardin el qual, sebben mal corrisposto, era cavalier servente della signora“. La cosa fece del chiasso ed il casino della Pisani fu d’ordine del Consiglio chiuso immantinente. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 2 febbraio 1924.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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