Il “manin” (catenella d’oro) di Anzoleta da San Trovaso, nel sestiere di Dorsoduro

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Campo San Trovaso - Dorsoduro

Il “manin” (catenella d’oro) di Anzoleta da San Trovaso, nel sestiere di Dorsoduro

Ieri sera“, scriveva il Sanudo sotto la data del 10 giugno 1509, “achadde cossa notanda“. Nella parrocchia di San Trovaso abitava una povera donna, vedova con tre figli, filatrice di lana, la cui unica ricchezza era “uno manin de oro de tre giri de collo“, la famosa catenella veneziana di puro oro che nel trecento era chiamata per la sua meticolosa lavorazione “entercosei” o “intrigosa” (a).

A tre ore et meza de note par batesse la porta di la vedoa una femena“, l’Anzoleta che era appena andata a letto domandò chi fosse, ed intesa una graziosa voce di donna che diceva: “Apri“, aperse l’uscio. Entrò in casa la donna: “non havia lume“, ma parve all’Anzoleta, da un filo di luce che venia dalla strada, fosse vestita di bianco e la donna le disse: “Va dal piovan et dili ch’l fassa procession diman con la Madona di Ogni Santi che questa terra haverà vitoria contra i soi nemici, et dili che ‘l fassa questa procession fin al dì de san Zuane“, Rispose la vedova: “Come volè vu che vada che i non me crederà?“, “va pur via!, et parve a la vedoa fosse spenta fuora, et che in strada fusse torze accese”.

Anzoleta Tiraor lasciò la misteriosa visitatrice in casa e corse dal pievano. Il vecchio prete l’ascoltò attento; udì della veste bianca e delle torce accese, che la vedova giurava di ever realmente veduto, e cadendo in ginocchio esclamò: “Ti ha visto la Madona, che ti si benedeta!“. Quando Anzoleta ritornà alla sua casa la donna era partita.

Il mattino un grande scampanio svegliò la parrocchia di San Trovaso: nella chiesa, tutta parata a festa, si cominciavano i preparativi della processione e la notizia di quella apparizione si spargeva per tutta la città. Ma presto comparve in chiesa scarmigliata ed ansante la vedova; in sagrestia cadde piangendo sopra una sedia esclamando tra i singhiozzi: “Non era la Madona … ha robà el manin, ha robà“.

Il Consiglio dei Dieci mise taglia ma nulla fu scoperto. (1)

(a) Il nome “manin“, a questa particolare lavorazione, venne dato in onore della famiglia Manin, di origini antichissime, che a Venezia era considerata la più ricca tra tutti i nobili veneziani iscritti nel Libro d’Oro. Il filo di manin si usava come collana o attorcigliato al polso come bracciale di pregiata fattura. La semplicità di queste maglie conosciute almeno dal VI secolo sta nel fatto di essere composta da minuscoli anellini di oro a 22 kt avente sezione semicircolare cava, saldati tra loro; con 1 grammo di oro si potevano ottenere 12 o 15 centimetri di catena. (2)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 24 febbraio 1926.

(2) PIETRO PAZZI. I gioielli nella civiltà veneziana.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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