Gli “svoli” dal Campanile di San Marco

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1871
Bottega del Canaletto - La festa del Giovedì Grasso nella Piazzetta di San Marco. The Wallace Collection, London

Gli “svoli” dal Campanile di San Marco

La prima memoria di uno “svolo” dal campanile di San Marco l’abbiamo nel “Promptuarium” di Giulio Barbarano, che scrisse verso la metà del Cinquecento e narra in un latino maccheronico come nei primi giorni del marzo 1548 avvenne un fatto “non mai udito e letto nei secoli precedenti“.

Fu tirata una corda ben tesa, lunga più di cento metri, da una delle colonne della loggia superiore del Palazzo Ducale fino alla cella delle campane, e su quella un turco, tale Hamid, con portentoso equilibrio camminò fino a raggiungere “l’altissimo campanile con ammirazione generale“. La cronaca dell’Agostini descrive nel 1564 e precisamente al 4 giugno una grande festa ideata da una delle più ricche compagnie della Calza denominata “Gli Accesi” che “al pontesele di cà Dolfin sora al Canal grando“, ora palazzo Manin, imbarcarono sulla “cappa marina“, come allora si chiamava la galleggiante e tra suoni e canti si diressero a San Marco. Giunta la festosa comitiva in bacino, tra l’isola di san Giorgio e la Piazzetta, un turco, Hamud Sceik, sali sopra una corda tesa dal campanile ad una barca presso la galleggiante e, compiuta l’ascesa, “venne zo similmente et si fermò un poco più alto de le due colonne et fece cose stupende et meravigliose voltandosi in ziro per ventidue volte atorno a la corda a modo di molinello”. Al turco fu regalata dagli Accesi la bella somma di cento ducati.

Ma i turchi ebbero ben presto dei seri concorrenti nei Veneziani e gli “svoli” dal campanile vennero fatti dagli arsenalotti e dai barcaioli. Nel 1680 era famoso un Santo Scartenador, “barcaruol de cà Lezze“, il quale chiudeva sempre il suo volo presentando al doge un mazzetto di fiori “e facendo sora la corda tante cose mirabili: dava mangiar ai colombi, si sventolava con uno sventolo, faceva finta de vogar con un remo, sbandierava una bandiera de san Marco“.

Lo Scartenador, l’autore di tanti prodigi, dopo tre anni fu dalla Quarantia crimial condannato per furto alla galera, ma forse ricordando i suoi “svoli” fuggiva nel 1685 riparando a Mantova, dove finiva miseramente i suoi giorni.

Lo spettacolo rischioso raggiunse il suo apogeo nel settecento quando venne considerato giuoco ufficiale in tutte le feste e solo cessò con la caduta della Repubblica. Riapparve nel carnevale del 1867 nell’entusiasmo di Venezia italiana; una fanciulla di una compagnia acrobatica che lavorava al Malibran fu fatta scendere lungo una fune fino a Palazzo Ducale, dov’era a riceverla un Pantaleone. Fu questo l’ultimo “svolo“.(1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 26 aprile 1927.

FOTO: Foto dalla rete e di Bussolin Alfonso. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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2 Commenti

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