La tradizione della festa di Santa Lucia a Venezia

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Museo Nacional Thyssen-Bornemisza Madrid, Spagna - Veduta del Canal Grande con le chiese di Santa Lucia e degli Scalzi

La tradizione della festa di Santa Lucia a Venezia

Da Siracusa dove era sepolta, la santa fu recata a Costantinopoli nel 1039 dal generale bizantino Giorgio Maniace nella lotta con gli arabi; per il Dandolo l’ordine fu dato dagli imperatori Basilio e Costantino. Secondo Sigeberto di Gembloux il corpo della santa passò nel secolo VIII a Corfinio negli Abruzzi per opera di Feroaldo, duca di Spoleto, impadronitosi di Siracusa e da Corfinio nel 969 il vescovo di Metz lo condusse alla sua città, dove ebbe cappella e culto sino ai nostri giorni. Di norma si esclude quella di Metz sia l’autentica Santa Lucia, dovuta a confusione per omonimia di martire simile operata da Feroaldo: ma il discorso è reversibile. Resta sempre il silenzio sospettoso di ogni fonte bizantina per la traslatio e soprattutto per il soggiorno delle reliquie nella capitale d’Oriente.

A noi resta di prendere atto della tradizione veneziana, non sempre chiara per la verità, poiché secondo il ms. marciano cl. VII, X, 15b il corpo della santa era stato traslato a Venezia nel 1208 assieme a quello di Sant’Agata: tant’è vero che dopo la presa della santa città, tra i crociati veneziani e siciliani si era concordata la restituzione del corpo a Siracusa. La persistenza della tradizione sulla compresenza delle due sante continua anche nel Dandolo: il Doge trova i due corpi assieme a Costantinopoli, restituisce quello di Sant’Agata ad alcuni pellegrini siciliani, mentre invia quello di Santa Lucia a Venezia, dove esisteva già una chiesa e parrocchia a lei dedicata: certo per arricchirla del sacro deposito. Invero nell’agosto 1167 risulta già il toponimo Santa Lucia (codice del Piovego, sent. IV, cc. 12v. – 13°. “Petrus Dedo de confinio Sancte Lucie”), forse parrocchia nel giugno 1182 (Corner, E.V. II, 275: ego Iohannes Marao presbiter ecclesiae sante Lucie, e ASV Mensa patriarcale 8.5). Stringata risulta la translatio a Venezia destinata a San Giorgio Maggiore, per volontà del doge Dandolo; il cronista anonimo si limita a dire “dux optentum corpos sancte Lice Veneciam in monasterium sancti Georgii mandavit; quod in Ecclesia eius nomini dedicata repositum est“. La traslatio alla chiesa già dedicata al suo nome avvenne dopo il 1279, quando nel pellegrinaggio all’isola di San Giorgio, si capovolsero barche di devoti, date le condizioni del tempo. Credo che l’afflusso loro fosse dovuto oltre a motivi di rapporto etimologico popolare con la luce degli occhi, pure all’inizio della stagione invernale che cadeva allora nel suo giorno.

Comunque la traslatio alla chiesa cosiddetta dell’Annunziata in città avvenne per decreto del Senato; ma il titolo Annunziata va corretto meglio in Santa Lucia. Anche nel nuovo tempio si cominciò a celebrare la festa con grande solennità fino al 1805. Nell’anno successivo, a causa della soppressione napoleonica, la chiesa fu chiusa al culto e i resti della Santa vennero trasferiti a Sant’Andrea della Zirada. Dopo breve tempo essi però furono nuovamente restituiti alla chiesa primitiva riaperta al culto. Distrutta la sua chiesa nel 1860 per l’ampliamento della stazione ferroviaria, il corpo fu trasferito alla parrocchiale San Geremia, con cappella apposita.

Ogni anno la festa, una delle poche che a Venezia hanno resistito alle vicende dei tempi, viene celebrata con rinnovato fervore. Partecipa alla solennità il patriarca di Venezia e per l’intera giornata il popolo vi affluisce in devoto pellegrinaggio. Fotografi, ottici ed oculisti si radunano in un pio incontro di devozione verso la loro patrona e le madri portano i loro bambini per la cerimonia, divenuta ormai tradizionale, della consacrazione alla santa. La festa viene pure celebrata ai Santi Apostoli, nella chiesa di San Lio (San Leone) e a San Luca. (1)

(1) TRAMONTIN SILVIO, NIERO ANTONIO, MUSOLINO GIOVANNI. Culto dei santi a Venezia. (Studium cattolico veneziano. 1965)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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