Canale de Cannaregio, nel Sestiere di Cannaregio
Il Canale de Cannaregio, il quale deve il suo nome al Sestiere in cui scorre, inizia dal Canal Grande, tra la chiesa di San Geremia e il palazzo Emo, e termina nella Laguna ovest.
Vogliono alcuni che Cannaregio sia corruzione di Canal Regio, titolo attribuito, per la sua ampiezza, a quel braccio di canale che partendosi da San Geremia, sbocca per San Giobbe in laguna. Ma, bene riguardando, si vede che meglio tal titolo si addirebbe al prossimo Canal Grande, oppure al Canal della Giudecca. Altri con più ragione sostengono che questo luogo venisse anticamente chiamato Cannarecium, e quindi Cannaregio dalle molte canne chi vi allignavano.
Infatti, una cronaca, citata dal Gallicciolli, che arriva al 1410, dice: Cannaregio, imperciocché era channedo e paludo con channelle. Anzi, secondo alcuni, i Malipiero, venuti da Altino, qui si stanziarono per fabbricare navigli, e furono i primi ad usare di queste canne per spalmarli. Né vale l’opporre che le canne poco allignino nell’acque salse, poiché, come nota il Filiasi (Memorie Storiche dei Veneti Primi e Secondi), quelle della nostra laguna erano salmastre per i molti fiumi che vi sboccavano, ed appunto per il canale di Cannaregio si vuole che nelle ore di bassa marea corresse il fiumicello Osellino o Marzenego. Il circondario di cui parliamo si denominava pure nei primi tempi Paluello, e contava allora pochissimi fabbricati. (1)
Viene attraversato dai seguenti ponti:
- Ponte de le Guglie, in pietra con bande in pietra con pilastrini in pietra e guglie
- Ponte dei Tre Archi, in pietra con bande in muratura
Sulle sue rive si affacciano:
- Canal Grande
- Calle Emo, con riva con gradini paralleli al rio e piazzola
- Pescaria de Cannaregio, senza banda, con una riva con gradini paralleli al canale e piazzola
- Fondamenta de Cà Labia, con parapetto di ferro sostenuto da pilastri di pietra davanti alla Chiesa di San Geremia, quattro rive con gradini perpendicolari al canale e una riva con gradini orizzontali al canale
- Fondamenta Sarvognan, senza parapetto, con due rive monumentale davanti ai palazzi Manfrin e Savorgan, e otto rive con gradini orizzontali al canale
- Fondamenta San Giobbe senza parapetto, con due rive con gradini perpendicolari al canale, alla fine verso la laguna un cippo porta pennone in pietra
- Rio de la Crea e Ponte de la Crea
- Rio de San Giobbe e Ponte de la Saponella
- Fondamenta de Cannaregio, senza èarapetto, con dieci rive con gradini paralleli al canale, alla fine verso la laguna una bitta d’ormeggio in pietra
- Laguna ovest
- alcune porte d’acqua, verso il Canal Grande
Palazzo Priuli Venier Manfrin. Il palazzo conosciuto più comunemente sotto il nome di Manfrin, ma che, fra le altre famiglie, appartenne anche ai Venier. L’ anno MDXX, con lo stemma Priuli nel mezzo, rilevato dal Cicogna sopra un’antica porta otturata, ci rende edotti che esso venne in quell’anno dai Priuli fabbricato. Tal merito, secondo ogni probabilità, è dovuto ad Angelo Maria Priuli q. Pietro, nato nel 1484, e morto nel 1550, il quale fu Savio del Sestiere di Cannaregio. Trascorsi più di due secoli dalla fondazione, nel quale frattempo il palazzo ebbe una rifabbrica, sul disegno del Tirali, Elena, figlia di un altro Angelo Maria Priuli, e sposa di Federico Venier, lo lasciò ai propri figli Giovanni e Pietro, con testamento 18 agosto 1756, pubblicato il 19 maggio 1762. Ma per breve tempo restò l’edificio in mano dei Venier, poiché essi, con istrumento 24 giugno 1787, lo vendettero a Girolamo Manfrin di Zara, il quale, raccolse nel palazzo una ricca galleria di quadri, ed altre antichità. Morto nel 1802, lasciò il palazzo al figlio Pietro, da cui nel 1835 passò alla sorella Giovanna, maritata in Giovanni Battista Plattis. Nel 1849 finalmente venne in proprietà, per retaggio materno, a Lina Plattis, vedova del nobile Francesco Sardagna.
Palazzo Surian. Si edificò dalla patrizia famiglia Surian sul disegno, come credesi, di Giuseppe Sardi. È lodato dal Martinioni , ed inciso nella raccolta del Coronelli. Poi passò, per la massima parte, in proprietà dell’altra patrizia famiglia Bellotto. Fu sede per vari anni dell’ambasciatore d’Inghilterra. (1)
(1) Giuseppe Tassini. Curiosità Veneziane ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia. Tipografia Grimaldo Venezia 1872
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