Chiesa di San Geremia
Storia della chiesa
Era afflitta la Puglia fertilissima provincia del Regno di Napoli dalle lunghe guerre dei Greci e dei Normanni, e dalle scorrerie dei Saraceni, allorché Mauro Torcello, e Bartolomeo di lui figlio veneziani, arrivati in quelle parti a motivo di commercio, con le loro navi ottennero da certi Monaci Greci di Benevento a forza di preghiere, e di soldo un braccio dell’Apostolo San Bartolomeo, che al loro ritorno in patria collocarono nella Chiesa di San Geremia Profeta, di cui erano i principali fondatori.
Viene registrata dal Doge Dandolo nella sua Cronaca questa traslazione sotto il Principato di Domenico Contarini eletto Doge nell’anno 1043, fra le elezioni di Clemente II e Damaso II, Pontefici Romani, il primo dei quali ascese alla Sede di San Pietro nell’ anno 1046, e l’altro nell’anno 1048, onde sarebbe da assegnarsi la traslazione del sacro braccio all’anno 1047, stabilendo poi la fondazione della chiesa ai tempi anteriori, Marino Sanudo però, che fa discendere l’acquisto della sacra reliquia al Dogado di Domenico Flalianico successore del Contarini, asserisce, essere stati Fondatori della Chiesa di San Geremia i progenitori di Mauro e Bartolomeo Torcello; al che pare dare qualche prova il sapersi, che di già nell’anno 1223 la Chiesa Parrocchiale di San Geremia minacciava rovina; onde dal Doge Sebastiano Ziani, già di lei parrocchiano, fu rinnovata dai fondamenti.
Ne consacrò poi l’altare maggiore sotto l’invocazione di Nostra Donna, e degli Angeli nel giorno 10 di marzo dell’anno 1247, Pietro Pino vescovo Castellano, onorando la sacra funzione con la loro presenza Giovanni Arcivescovo di Ragusa, e Leone Vescovo di Jesolo. Trentacinque anni poi dopo fece la solenne consacrazione dell’intera chiesa nel giorno primo di giugno dell’anno 1282 Simeone Mauro Vescovo di Castello coll’intervento di Nicolò Natali Vescovo di Caorle, e di Benedetto Vescovo di Parenzo.
Quantunque nella sua rinnovazione fatta dal già lodato Doge Ziani fosse la chiesa fabbricata in assai consistente maniera, pure con lo scorrere degli anni convenne che risentisse i pregiudizi della sua anzianità. Onde verso la metà del XVIII secolo dispose tutto pieno di fiducia nella previdenza divina il suo piovano Giovanni Batista Spreafigo di rialzarla in magnifica forma dai fondamenti.
Oltre la suddetta riguardevole Reliquia possiede questa chiesa altri sacri tesori, cioè un braccio, ed una mano di Sant’lrene Vergine e Martire, coperti con la loro carne; una mascella con un dente del Santo Profeta Titolare, con un pezzo di veste, che si dice essere il di lui cappuccio, delle quali reliquie però non vi è documento alcuno, che ne comprovi l’identità.
Il più pregevole però ed il più certo di quei sacri depositi, che adornano questa chiesa, è il venerabile corpo di San Magno Vescovo di Oderzo prima, e poi di Eraclea città da lui fondata nelle Lagune, dalla quale poi ridotta a rovina fu il santo corpo trasportato a Venezia. E‘ antica tradizione, che il Santo Vescovo, allorché per timore dei Longobardi, che minacciavano l’estremo eccidio ad Oderzo, si ritirò nelle lagune presso Rialto, ivi si ricoverasse, ove ora è la Parrocchia di San Geremia, in una piccola casa, che tuttora si mostra, e si chiama la Camera di San Magno. La traslazione del di lui sacro corpo viene rammemorata nel Martirologio Romano al giorno 6 di ottobre; e di lui scrivono molti autori Ecclesiastici, i quali registrano anche la fondazione delle otto chiese da lui fatte fabbricare in Venezia per celeste avviso avuto in visione.
La verità di tali fondazioni appoggiata alla testimonianza di molti Cronologi Veneti, ed alla costante tradizione delle chiese, le quali da tempo immemorabile celebrano solennemente la festa di San Magno, viene di più comprovata dall’autorità di un antico breviario scritto verso il secolo XI, e conservato nella libreria del Sacro Eremo di Camaldoli, in cui nell’orazione dell’Offizio di San Magno si prega Iddio, che si come rivelò al Santo otto chiese da fabbricarsi a Venezia, così per di lui intercessione ci conduca al possedimento della chiesa sempiterna.
Delle rivelazioni avute dal Santo in Venezia già si è fatta menzione alle rispettive chiese da lui fatte innalzare, le quali disposte secondo le apparizioni avute dal santo sono San Pietro Apostolo, San Rafaele Arcangelo, il Salvatore nostro Gesù Cristo, Santa Maria Formosa, San Giovanni Batista detto in Bragora, San Zaccaria di lui Padre, Santa Giustina Vergine e Martire, ed i Santi dodici Apostoli. Sono queste chiese nominatamente espresse in un decreto del Senato del giorno 20 di dicembre 1454, con cui viene stabilito, che in grata riconoscenza dei benefici prestati dal Santo alla nascente città, debba la di lui festa annoverarsi fra le solenni. Nell’anno poi 1563 per soddisfare alla divozione del Senato, Giovanni Trevisano Patriarca di Venezia, estratto un osso insigne dal corpo del Santo, lo collocò nel Tesoro della Ducale Basilica, ove nel giorno 6 di ottobre viene decorosamente esposto.
Fra tutti però i sacri tesori dei quali è arricchita questa chiesa, quello, che viene con maggiore divozione onorato dal popolo, è un di devotissimo Crocifisso donato dal Padre Francesco Cappuccino della Patrizia famiglia da Mula nell’anno 1602, in cui con frutto mirabile diffuse con le prediche Quaresimali la parola di Dio in questa stessa chiesa. Ricevuto con venerazione dai parrocchiani il sacro dono cominciò tosto a risplendere con frequenti miracoli; dal che accesa la divozione dei fedeli eresse alla santa immagine un magnifico altare, ed istituì una illustre confraternita impiegata piamente nel culto del Redentore Crocifisso, e nel sollievo dell’anime tormentate nel Purgatorio. (1)
Visita della chiesa (1839)
Chi entra in questo tempio per la porta del campo vedrà nel primo altare di Bernardino Lucatello la tavola con la presentazione di Nostra Donna; nel secondo è dello Scozia l‘Assunzione. In questo secondo altare si custodisce il corpo di San Magno Vescovo di Oderzo, che per timore dei Longobardi si era ricoverato in Venezia prima di passare in Eraclea, e che un’antica tradizione dice avere soggiornato in questa parrocchia in una piccola casa.
Nella prima sagrestia Michele Schiavone dipinse la pala dell’altare ed il soffitto, e nella sagrestia seconda Jacopo Palma fece la tavola con Nostra Donna, nell’altro ed al basso San Magno che incorona Venezia, essendo di Giambattista Celsi, già prete di questa chiesa, l’altra tavola colla Concezione. Altri quattro buoni quadretti ci sono inoltre in quest’ultima sagrestia, che prima stavano nella chiesa di Santa Lucia, e che rappresentano: Gesù nell’orto, la sua cena, la incoronazione di spine, e la risurrezione.
Tornando in chiesa, Girolamo Colonna Mingozzi dipinse valorosamente, e colla massima illusione, l’architettura dell’altare a lato del maggiore. Sono in esso di Angelo Marchiori le tre statue con Nostra Donna ed i Santi Francesco di Sales e Giovanni Nepomuceno.
Nell’altare maggiore Giovanni Ferrari fece le due statue laterali dei Santi Pietro e Geremia, e quella del Redentore risorto apparteneva alla vecchia chiesa. E’ pure del menzionato Colonna l’architettura dell’altro altare laterale. Nell’altare successivo un autore vivente con buon effetto dipinse il cristo con San Lorenzo Giustiniani ed altri santi. Nulla dicendo sulla pala d’altare, diremo non essere spregevole quella di San Bartolomeo dell’altare seguente. Viene poi l’altare cola sacra famiglia dipinta graziosamente da Giambattista Mingardi, mentre Pier Antonio Novelli faceva quella della purificazione di Nostra Donna nel penultimo altare e finalmente nell’ultimo Francesco Maggioto eseguiva il transito di San Giuseppe. A quasi tutti questi altari era altre volte addetta una peculiare confraternita. C’era pertanto quella di Nostra Donna del Popolo; quella della Presentazione; quella di San Magno; quella di San Bartolomeo a cui erano iscritti i barcaiuoli del tragitto della parrocchia; quella di San Francesco di Paola dei chiavaiouoli, finalmente quella di Sant’Antonio di Padova, nonché un suffragio dei morti. (2)
(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).
(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).
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