La Chiesa di San Lorenzo e la tomba di Marco Polo

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Chiesa di San Lorenzo. Sestiere di Castello

La Chiesa di San Lorenzo e la tomba di Marco Polo

Nell’anno 809 dal doge Angelo Partecipazio,in una delle isole dette Gemine“, veniva edificata la Chiesa di San Lorenzo e nell’841 Romana, nipote del doge, fondava accanto alla chiesa un monastero di monache Benedettine.

Distrutta la chiesa nel 1105, è tradizione che fosse ricostruita dall’abadessa Sicaria Carosio, ma alla fine del secolo decimosesto presentando la chiesa gravi danni e minacciando pericolo di rovina la priora Paola Priuli la fece demolire e ne eresse una più vasta su modello di Simon Sorella, proto delle procuratie de supra, spendendo per questa ricostruzione circa ducati cinquantamila. Il celebre Girolamo Campagna disegnò il grandioso altare del Sacramento che venne eseguito dal valente scalpellino Giammaria da Cannaregio; mole poderosa d’ispirazione classica con ricco tabernacolo, ornato di pietre dure, di statue di angeli, di santi e bassorilievi in bronzo. La chiesa era allora splendida di ornamenti, ricca di dipinti dei migliori artisti, di lampade d’oro e d’argento, di voti tempestati di gemme; oggi invece, proprietà comunale, è nuda, cadente, spoglia di qualsiasi dipinto, chiusa al culto.

In questa chiesa, nel portico, ebbe sepoltura Marco Polo nel 1325 nella stessa tomba del padre al quale “come a buono et pietoso figliuolo convenia, havea fato fare una molto honorata sepoltura per la conditione di quei tempi, che fu un cassone grande di peitra viva sotto il portico ch’è avanti la chiesa di san Lorenzo nell’entrare da parte destra con una inscittione tale che denota quella essere la sepoltura di Marco Nicolò Polo della contrada di San Giovanni Chrisostomo“.

Ogni chiesa in quell’epoca aveva un atrio o vestibolo davanti alla porta principale, chiamato “protyrum“, che si vuole servisse ad uso dei penitenti essendo allora consuetudine di fare in pubblico l’emeda dei propri peccati. Esso era considerato come luogo sacro, ma nel secolo decimoquinto, approfittando dell’oscutià esistente sotto questi portici, si commisero tali infamie che il Consiglio dei Dieci ordinava, dice il Gallicciolli, dapprima la loro chiusura con cancelli e poi, visto che a nulla servivano i cancelli, la demolizione dei portici stessi.

Della tomba di Marco Polo parla anche Francesco Sansovino nella sua “Venetia città nobilissima et singolare” descrivendo la Chiesa di San Lorenzo: “sotto l’angiporto è sepolto quel Marco Polo cognominato Milione il quale scrisse i viaggi del Monto Nuovo et che fu li primo avanti Cristoforo Colombo che ritrovasse nuovi paesi“.

E più oltre lo stesso autore narrando le vite dei “Veneti illustri” scrive: “Fu in questo tempo Marco Polo, nobile vinitiano, il quale fu il primo che ricercasse nei tempi suoi le regioni non conosciute et scrisse i viaggi di Trebisonda et del Cattaio, del Paese de Tartari et d’altre Provincie. Et tornato ricco alla Patria acquistò cognome di Milione per le ricchezze portate con lui, nel suo ritorno. Et venuto a morte, fu sepolto sotto il portico fuori de la chiesa di san Lorenzo“.

Nel cassone era scolpito l’arma dei Polo, che Marco Barbaro, nelle sue “genealogie“, ci descrive essere consistita in campo rosso con sbarra d’oro, carica di tre uccelli neri chiamati in veneziano “pole“.

La tomba di Marco Polo, dai documenti raccolti, non si trovava scavata sotto il pavimento, ma consisteva in un cassone di pietra viva poggiato per terra o sospeso su modiglioni. Per quante ricerche venissero fatte, specialmente dal nostro Municipio alcuni anni or sono, non fu possibile rintracciarla ed è certo che durante i lavori della nuova chiesa, verso la fine del Cinquecento, la tomba scomparve.

Erano quasi due secoli che la famiglia dei Polo era estinta, e forse il cassone che conteneva le ossa del grande viaggiatore sarà stato utilizzato per altri scopi e le sue ossa trasportate nei carnaio comune di Sant’Ariano, piccola isola nelle vicinanze di Torcello, ove per disposizione della Repubblica già fin dal sedicesimo secolo si portavano i cadaveri dei morti di peste e le ossa scavate dai cimiteri della città, a meno che non siano state frammiste al materiale di demolizione che servì ad innalzare il pavimento della chiesa nuova.

Così Venezia non può dare oggi onorata sepoltura ai resti mortali di questa splendida figura di patrizio, di mercante, di viaggiatore, di scrittore e di soldato. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 28 luglio 1929

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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