Un doccione dalle sembianze mostruose, all’angolo tra la facciata principale e quella verso San Basso della Basilica di San Marco

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Doccione ad angolo, tra la facciata principale e quella verso San Basso della Basilica di San Marco

Un doccione dalle sembianze mostruose, all’angolo tra la facciata principale e quella verso San Basso della Basilica di San Marco

Un doccione dalle sembianze mostruose è infisso nell’angolo della Basilica di San Marco tra la Piazzetta dei Leoncini e la Piazza San Marco, disposto in modo tale che mentre tutta la sua testa sporge oltre l’angolo, il resto del corpo si ripete su ciascun lato della basilica, cosicché il mostro sembra avere due corpi identici, o un corpo solo diviso in due parti per esigenze prospettiche, e che si uniscono all’angolo in un’unica testa. Il doccione ha una testa umana, barbuta e pelosa, con il corpo di un drago, che tiene la testa di un felino tra le grinfie, e con una coda contorta, girata all’indietro e terminante con la testa di un rettile.

L’usanza di drenare l’acqua dai tetti delle chiese per mezzo di animali mostruosi risale al XIII secolo. Di questi mostri, generalmente sporgenti interamente dalla muratura della costruzione, e di forma lunga, se ne vedono molti esempi soprattutto in Italia nelle chiese gotiche. Il significato di questo doccione viene spiegato dalle leggende medievali, ma per il mostro in questione sembra che si possa ricorrere a una fonte più pura, alla sintesi più sublime di poesia e scienza, alla Divina Commedia.

Arrivato al settimo girone dell’Inferno, e volendo discendere nell’ottavo, Dante fu costretto ad affidarsi alle spalle di Gerione, un animale mostruoso “quella sozza imagine di froda“, esattamente raffigurata nei seguenti versi:

La faccia sua era faccia d’uom giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle,
e d’un serpente tutto l’altro fusto;

due branche avea pilose insin l’ascelle;
lo dosso e ’l petto e ambedue le coste
dipinti avea di nodi e di rotelle.

È chiaro che la stessa tradizione ha ispirato sia l’artista del doccione che il poeta: lo scultore ci dà innegabilmente il volto di un uomo onesto, sorridente benignamente, il resto del corpo è anche quello di un drago o di un serpente, e la testa del rettile con cui termina dà maggior risalto all’idea dantesca. Non possiamo vedere i peli sulle braccia, non si vedono i nodi o cappi di corda, ma tutto il corpo è ricoperto di scaglie rotonde come in Gerione. La coda, che è rivolta all’indietro, con la sua testa di serpente nell’atto di mordere, rende la raffigurazione di Dante con maggior forza, come poco dopo i versi sopra citati, dice di Gerione:

Nel vano tutta sua coda guizzava,
torcendo in sù la venenosa forca
ch’a guisa di scorpion la punta armava. (1)

(1) Giovanni Saccardo in La Basilica di San Marco in Venezia. Ilustrata nella storia e nell’arte da scrittori veneziani sotto la direzione di Camillo Boito. Ferdinando Ongania Editore. Venezia 1888

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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