Il finestrone del Palazzo Ducale verso la Piazzetta e il doge Andrea Gritti inginocchiato davanti al Leone di San Marco

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Il doge Andrea Gritti e il Leone di San Marco, sul finestrone verso la Piazzetta del Palazzo Ducale.

Il finestrone del Palazzo Ducale verso la Piazzetta e il doge Andrea Gritti inginocchiato davanti al Leone di San Marco

Il finestrone della Sala dello Scrutinio, cioè quello sulla facciata prospettante la Piazzetta, si costruì, o meglio si ornò, ducando Andrea Gritti, che resse la Repubblica dal 20 maggio 1523 fino al 28 dicembre 1538; lo testimoniano i due scudi di lui, un per lato, sopra le nicchie inferiori di fianco al finestrone medesimo. Il 26 aprile 1531, il Consiglio dei Dieci, decretò di spartire quella sala, accomodando la divisione minore in due piani, affinchè servisse ad archivio della Cancelleria ducale e la maggiore a Sala per gli Scrutini del Gran Consiglio, si volle anche decorare l’esterno del principale finestrone, per metterlo in armonia con quello dell’altra più antica facciata verso il Molo.

Le sculture che lo decorano sono nello stile del Sansovino, e quindi lavorate da lui e dai più distinti suoi allievi. Testimonia la verità anche il nome di Pietro da Salò, intagliato sul plinto della statua di Marte, collocata nella nicchia inferiore a destra del finestrone. Si sa dalla storia, che questo artefice fu allievo del Sansovino, e che si occupò il medesimo nel lavorare ornamenti, fino al trentesimo anno dell’età sua, cioè fino dopo il 1531, ed in appresso, aiutato dal maestro, si diede a scolpire figure di marmo; nel che compiacendosi, studiò siffattamente che in due soli anni riuscì ad operare senza guida.

Il finestrone, con l’ornamento che lo cinge, occupa tutta intera l’altezza della muraglia. La parte principale, in cui s’apre l’ampio foro, è quadrata, ed è pari in altezza alla cima fino alla base della statua che si erge sul pinacolo. Fiancheggiano l’apertura due nicchie, una per parte, nelle quali quinci è il simulacro citato di Marte, e quindi quello di Nettuno, simboleggianti la potenza di terra e quella di mare della Repubblica; e superiormente alle nicchie sono addossati al pilastro a tre faccie, un per lato, due eguali scudi del doge Gritti, sostenuti ognuno da due genietti.

Sorreggono l’arco del finestrone quattro colonne di marmo pario; ed ornati sono gli interstizi dell’arco stesso da due Fame alate, recanti in mano una fiaccola accesa. Il parapetto è composto di formelle quadrilobate di broccatello, con i riquadri e davanzale di pietra bronzina istriana. La parte superiore si costituisce di un grande riquadro, a modo di attico, fiancheggiato pur da due nicchie, le quali accolgono le statue, a destra, di Mercurio, ed a sinistra di Giove; significanti, che per lo commercio fiorì, crebbe ed ottenne l’imperio della terra e del mare il popolo veneto. Per tal modo si legano queste in un solo pensiero con le statue sottoposte.

Il riquadro od attico accennato si decorava un tempo con il leone di San Marco, a cui davanti s’inginocchiava il doge Andrea Gritti. Ma sì l’uno che l’altro vennero tolti allorquando gli emissari dell’uomo fatale affascinavano le deboli menti del patrizii, e quel che non poterono i secoli, la invidia di Europa, le sue armi, e l’ira degli eterni nemici di Cristo,  valsero le male arti loro e la loro perfidia, per cui dopo tanta gloria cadde vilmente sì famosa Repubblica.

Corona, da ultimo, il finestrone una cimasa che piramida sopra il tetto, alle estremità della quale si elevano due guglie, e nel centro torreggia il simulacro di Venezia, cinta il capo di corona reale, ed avente alla destra il leone; opera di Alessandro Vittoria, scolpita dopo l’incendio del 1577, ducando Nicolò da Ponte, il cui scudo è intagliato sulla base della statua medesima. (1)

Il gruppo scultoreo del doge Gritti e del Leone di San Marco, distrutto nel 1797, venne rifatto da Giovanni Botasso e collocato sopra il finestrone nel 1897. 

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume I. Francesco Zanotto. Venezia 1861

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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