Antonio Foscarini, nobile, innocente (1622)

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Palazzo Mocenigo - San Marco

Antonio Foscarini, nobile, innocente (1622) 1

Vedremo in questo racconto da una parte un innocente soggiacere al peso d’ingiuste accuse, e dall’altra un governo, ingannato da false apparenze, confessare il proprio fallo, e reintegrare in tutti i modi possibili la fama del condannato; caso non raro il primo, rarissimo, senza dubbio, il secondo.

Il cavaliere Antonio Foscarini2, dopo importanti cariche sostenute3, venne spedito nel 1609 ambasciatore alla corte d’Inghilterra. Qui nacquero le sue sventure, poichè, inimicatosi col proprio segretario Giulio Muscorno4, uomo di pessima natura, questi per vendicarsi lo accusò presso gli Inquisitori5 di scandalosa condotta, di poco rispetto verso la maestà della regina, e, quel che è più, di lasciar leggere altrui i dispacci che mandava al proprio governo. Il Foscarini, richiamato in patria nel 1615, fu tosto sostenuto in carcere, e solo dopo lungo processo poté uscirne innocente, mentre invece il Muscorno riporto due anni di reclusione nella fortezza di Palma. Un crudele destino però perseguitava l’infelice.

Correvano allora tempi sospettosi nei quali, se in Venezia vi erano uomini perversi che per oro tradivano lo stato, altri pur vi erano che, per oro egualmente, ovvero per bassa vendetta, accusavano di tale delitto gli innocenti. Il Foscarini, essendo, dopo le corse avventure, rientrato in grazia del governo tanto da venire eletto Savio di Terra Ferma6, e poscia da vedersi rivestito di altre cariche gelosissime7, frequentava di giorno e di notte, con quella leggerezza di carattere che non gli era del tutto estranea, l’abitazione dell’Inglese contessa d’Arundel8, donna di spirito, domiciliata allora in Venezia9, ove convenivano il Sacchetti, residente di Firenze, il Rossi, segretario Cesareo, e quello di Spagna. Tanto bastò perché la sera dell’8 aprile 1622, all’uscire di Senato, egli venisse tradotto in carcere, sotto la grave imputazione di essersi più volte ritrovato con esteri diplomatici, e d’aver loro svelato le secrete deliberazioni della Repubblica. E così evidente parve ai giudici la di lui reità, che il 20 aprile successivo lo condannarono ad essere strangolato quella notte stessa in prigione, e poscia appeso la mattina del 21 alle forche con un piede in alto per rimanervi fino al termine della giornata10. Dopo l’intimazione della sentenza, il Foscarini richiese in grazia di poter far testamento, dettato il quale11, morì, se non molto religiosamente12, con alte proteste al certo della propria innocenza.

Al ferale annunzio, sorpresa e dolore incominciarono ad invadere la citta, e poscia crebbero quando corse voce che il giustiziato non era colpevole. Infatti, avendo il Consiglio dei X concepito alcuni sospetti sopra la sincerità degli accusatori, Girolamo Vano da Salo, e Domenico de Zuane da Venezia, barcaiuolo dell’ambasciatore di Spagna, li fece ambedue arrestare, li sottopose a severo esame, e dalle contraddizioni in cui caddero ebbe la dolorosa certezza dell’atroce calunnia. Ordinò pertanto il 20 settembre 1622 la loro morte13, e tosto dopo si vide pubblicato, in data 16 gennaio 1622-23, un solenne decreto, volto allo scopo di divulgare innanzi il mondo intero l’innocenza del giustiziato14, la cui salma dal cimitero dei SS. Giovanni e Paolo, ove era stata sepolta, venne deposta con magnifica pompa nella chiesa dei Frari.

Anche nell’altra chiesa di S. Eustachio un busto del Foscarini con relativa iscrizione ricorda ai posteri il deplorabile caso15.

ANNOTAZIONI

1 Vedi Romanin Vol. VII, e Criminali Vol. XXXIX. Il doloroso fatto del Foscarini esercito la penna di molti romanzieri e poeti, fra cui d’Ippolito Pindemonte, di G. Battista Nicolini di Luigi Carrer, ed altri.
2 Nacque nel 1570 da Nicolo q. Luigi, e da Maria Barbarigo. Della patrizia famiglia Foscarini ho detto a Pag. 150, Annot. 6 [Cap. XXXIX, nota per l’edizione elettronica Manuzio].
3 Nel 1597 fu Savio agli Ordini, nel 1606 podestà di Chioggia, e nel 1607 ambasciatore al re Cristianissimo, dal quale ebbe l’equestre dignita.
4 In una cronaca cittadinesca, scritta nel principio del secolo XVII, si legge, che i Muscorno erano nobili Cipriotti, che avevano sepolcro in chiesa di S. Fantino, e che a quell’epoca viveva Giulio segretario, figlio di Giovanni, valoroso capitano, e grandemente benemerito della Signoria di Venezia.
5 Gli Inquisitori di Stato, istituiti, come si crede, nel XV secolo, e dichiarati permanenti coi decreti 20 settembre 1539, e 19 aprile 1583, erano tre, due scelti dal Consiglio dei X, ed uno dalla Signoria, allo scopo di sopraintendere ai rei di stato, nonché ai propalatori dei secreti della Repubblica. L’autorità di questo magistrato venne alquanto repressa mediante la celebre correzione del 1762.
6 Vedi Pag. 165, Annot. 3 [Cap. XLIV, nota per l’edizione elettronica Manuzio].
7 Si vide nominato senatore, ed ebbe l’incarico di trattare con gli ambasciatori d’Olanda, e di Francia.
8 Questa dama era figlia di Gilberto conte di Shrewsbury, e moglie del conte Tommaso d’Arundel, maresciallo d’Inghilterra. Si aveva recato nel 1649 in Italia per attendere all’educazione di due suoi figliuoletti. Si ignora se il Foscarini mantenesse con lei alcuna tresca amorosa, ma e certo che dal frequentare la di lei casa derivo la storiella, ripetuta da molti, che, andando l’infelice nottetempo a ritrovare una donna maritata, sua amante, domiciliata presso l’ambasciatore di Spagna, ed accusato in quella vece di recarsi a conferire con quest’ultimo, negasse di giustificarsi per conservare illeso l’onore della sua diletta, ed in conseguenza venisse giustiziato.
9 Abitava precisamente in quel palazzo Mocenigo a S. Samuele, che in altri tempi venne preso a pigione da lady Mary Wortley Montague, e da lord Byron. Vedi Rawdon Brown nella sua erudita operetta, pubblicata recentemente in Venezia dall’Antonelli col titolo: L’Archivio di Venezia con riguardo speciale alla Storia Inglese. La contessa d’Arundel dopo la catastrofe del Foscarini fu rassicurata dal senato, non si però che poco dopo non credesse cosa opportuna il ritirarsi a Torino.
10 Criminali. Vol. XXXIX, Pag. 14.
11 Lo dettò al capitano delle prigioni Paolo Vedova, alla presenza del capitano delle barche del Consiglio, e del guardiano delle prigioni oscure. Il testamento e di questo tenore: ai 20 aprile 1622. Lasso l’anima mia a Dio; siano fatti scudi dusento per l’anima mia. A tutti li miei nepoti lasso ducati cinquecento per uno, et a mie sorelle ducati cinquecento per una. Ducati diese all’anno per una a cadauna de mie nezze monache all’anno. Ducati seimila alla Sig. Isabetta mia nezza per il suo maritar. Ducati cinquecento alla signora Lucrezia mia cognata, per una volta tanto; ducati cento al pre maestro Paolo servita perchè preghino il signor Dio. Al sig. Nicolò et al sig. Girolamo, miei nipoti, lasso tutto il rimanente delli miei beni sì mobeli, come stabili, et crediti, e prego Dio che li benedica. Antonio Foscarini cav. affermo ut supra. Il pre maestro Paolo servita sopraccennato e il celebre Paolo Sarpi, che con furberia fratesca, per entrar sempre più nelle grazie dei Veneziani, si affrettò a rinunziare al legato dicendo di non voler haver a fare con chi si è reso indegno della gratia del principe, nè mentre vive, ne dopo la morte.
12 Leggesi nel dispacio, 23 aprile 1622, di Nicolo Sacchetti, residente di Toscana, che il Foscarini morì poco religiosamente, come aveva vivuto il tempo di sua vita.
13 Furono appiccati. Alcuni volevano che il Vano fosse mandato ad annegare, ma non vinsero il partito. Criminali Vol. XXXIX, Pag. 76.
14 MDCXXII. Adì 16 Genn.ro. In Cons.o di X. Poichè la provvidenza del sommo Dio, con mezzi veramente meravigliosi et imperscrutabili all’ingegno humano, ha disposto che li medesimi autori et ministri delle falsità et imposture machinate contra il già diletto nostro Antonio Foscarini, cavalier, fu de ser Nicolò, per le quali fraudolenti depositioni seguì necessariamente per ragion et per giustizia la sentenza contro esso cavalier, habbino da poi, senza impulsione, ovvero senza eccitamento di alcuno, manifestati se stessi, e confessato la fraude et ingano da loro commesso, onde di tanta iniquità hebbono condegno castigo con l’ultimo supplicio, conviene alla giustizia e pietà di questo Consiglio, al quale sopra tutte le cose incombe per quiete et sicurezza universale il proteggere l’indennità dell’honore e riputatione delle famiglie, sollevare in quanto si può quelli che indebitamente restano oppressi con nota d’infamia, secondo che in altri accidenti è stato osservato et esseguito, però: L’Anderà parte che per giusto solievo delli nob. huomini ser Nicolò et ser Geromino Foscarini q.m ser Alvise, nepoti del suddetto cav. lontanissimi da ogni colpa et perciò meritanti di esser per ogni rispetto di giustizia suffragati nelle persone loro et de posteri, sicome la divina providenza ha voluto che miracolosamente questo Consiglio habbia havuto fondato et chiaro lume della perfidia di quei che iniquamente testificarono et fecero apparir il falso contro il suddetto cav. Foscarini, secondo che si è inteso dalle scritture et processi letti et diligentemente esaminati nel medesimo Consiglio, così resti con pubblico decreto attestata et manifestata la verità del fatto, et questa famiglia veramente degna di comiseratione ristorata nel pristino stato di honorevolezza, e di riputatione; et la presente parte sia letta nel Maggior Consiglio, ad intelligenza di caduno. (Comun N. CXIX, Pag. 234). In un’arringa poi del riformatore Marco Foscarini, poscia doge, tenuta nella correzione dell’anno 1761-1762, leggiamo: Tegno per domestica tradition la grata e tenera memoria de quel zorno, 16 gennaro 1622 (M. V.) quando xe stada dichiarata nel Mazor Consegio con solene Parte, e pò resa nota a tutte le corti la tragica vicenda caduta sora un citadin che avea sostenudo le prime dignità de la patria. Xe sta alora che la povera mia casa ha acolto un prodigioso numero de Nobili, concorsi a manifestar sentimenti misti de lagrime e de consolation ecc.
15 Essa e cosi concepita: ANTONIO FOSCARENO AEQUITI BINIS LEGATIONIBUS AD ANGLIAE GALLIAEQUE REGES FUNCTO FALSOQUE MAJESTATIS DAMNATO CALUMNIA JNDICII DETECTA HONOR SEPULCHRI ET FAMAE INNOCENTIA X. VIRUM DECRETO RESTITUTA MDCXXII.
Dall’essere scolpita quest’iscrizione in chiesa di S. Eustachio, alcuni dedussero che l’infelice Antonio abitasse nel prossimo palazzo, il quale, a dir vero, nel secolo XVII era dai Foscarini posseduto. Non ho prove per negare che ciò abbia potuto verificarsi all’epoca della condanna, ma e certo, come provai nelle mie Curiosità Veneziane, che il giustiziato nel 1598 abitava a S. Agnese.

GIUSEPPE TASSINI. Alcune delle più clamorose condanne capitale.  (VENEZIA, Premiata tipografia di Gio. Cecchini 1866)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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