Il Ponte di Rialto

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Ponte di Rialto, sul Canal Grande - San Marco/San Polo

Il Ponte di Rialto

La costruzione del ponte fu decisa non solo per pubblica utilità, ma sotto l’impressione di una terribile disgrazia accaduta il 24 dicembre 1172; in quel pomeriggio una folla di popolo aveva assistito alle funzioni di Natale nella Basilica Marciana ed era grande la ressa di gente che ritornava “ultra canalem“.

Le barche che traghettavano si affollarono ben presto; la “dosana“, in quell’ora e in quel punto fortissima, rendeva difficile la manovra; la folla nelle barche era impaziente ed irrequieta. Ad un tratto una barca quasi si capovolse; nella sbandata improvvisa parecchi caddero nell’acqua, la confusione fu al colmo, lo spavento e le grida aumentarono la sciagura; trenta persone, per lo più donne, scomparvero, altre furono raccolte moribonde, altre ferite.

Tre mesi dopo sorgeva il primo ponte di Rialto, parte su grossi burchi e parte su fortissimi piloni di legno, e si chiamò per molti anni “ponte della Moneta” per la vicinissima della riva di tale nome, o del “Quarterolo” a ricordo della moneta che si pagava per il vecchio passaggio sopra le barche.

Nella cronaca attribuita al Tiepolo si legge che il ponte “nel 1255 fo rifatto molto maggiore et più largo; prima era sopra gran burchielle et fo fatto adesso sopra pali” in modo da potersi alzare nel mezzo per lasciare libero il passaggio ai navigli, come si vede nel famoso quadro del Carpaccio, “il patriarca di Grado libera un indemoniato” esistente nella nostra Accademia di Belle Arti.

Il ponte fu rotto dai congiurati condotti da Baiamonte Tiepolo nel 1310 quando fuggirono a Rialto asseragliandosi nelle case dei Querini; rifabbricato “fo adì 8 settembre del 1431 gitado zoso perché vecchio per farlo da nuovo, et fo compido a di 13 agosto 1342 et costò ducati doemila tresento vintitrè d’oro“. Dodici anni dopo per la gran folla accorsa a vedere il passaggio della sposa del marchese di Ferrara che si recava all’Arsenale, precipitò una parte del ponte e circa duecento persone caddero in acqua “et trentasei persone se negoe et molti fono li magagnati“.

Da quell’epoca fino alla metà del cinquecento il ponte di Rialto venne rifatto due volte, e finalmente il 7 gennaio 1588 il Senato decretò la sua costruzione in pietra e nello stesso giorno fu bandito il concorso tra i più noti costruttori del tempo. Ben ventiquattro furono i progetti presentati, ma la discussione si svolse su tre sole proposte, quelle di Vincenzo Scamozzi, di Antonio da Ponte e del patrizio Giovanni Alvise Boldù che davano un tipo di ponte ad arco unico già precedentemente adottato in via di massima dal Senato. Lo Scamozzi, come appare da accurate ricerche e nuovi documenti scoperti, venne escluso dalla terna, e rimasero in lotta il Da Ponte e il patrizio Boldù. E’ certo che l’esecutore materiale del lavoro fu il da Ponte, proto e architetto al magistrato del Sale, ma non è con pari certezza risultato che egli lavorasse sul suo proprio disegno, poiché per quante ricerche fossero fatte dagli storici veneziani ancora è dubbio se il disegno del ponte di Rialto fosse il suo o non piuttosto quello di Giovanni Boldù.

La costruzione, poderosa mole robusta nell’insieme costruttivo, ma alquanto pesante e inelegante nei particolari architettonici, venne cominciata il 9 giugno 1588, e racconta la cronaca Salvina che in quel giorno “fu gittata la prima pietra di marmo dalla parte di Rialto con lo sparo di alcune Codette per allegrezza et il Sacrestano di chiesa di san Giacomo di Rialto con cotta e stola l’asperse di acqua benedetta“. Nel poderoso lavoro vennero impiegati per due anni continui “tutti li taiapiera di Venezia et nel 1590 nel mese di agosto si principiò a camminarci sopra“, ma le ventiquattro botteghe, divise in quattro corpi e collegate sul piazzale da due archi, non furono finite che nel 1592.

Per le fondamenta di questa colossale opera s’impiegarono, dodicimila pali di olmo, seimila per parte, lunghi dieci piedi, circa tre metri e mezzo, e sopra quel battuto si posero dei tavoloni di larice grossi più di una spanna e tenuti fra loro da bordocali lunghi circa tredici metri. La spesa del Ponte salì a duecentocinquanta mila ducati d’oro e l’audace arcata è di oltre vent’otto metri di corda, meravigliosa audacia che desta stupore per la grandiosità della costruzione.

Il ponte di Rialto, il massimo tra i ponti della città, fu sempre arteria pittorescamente caratteristica con le sue botteghe di merciai, di stoffe, di calzature, di berretti, di stoviglie, affollata di continuo da una gran passaggio di gente e piena di grida dei venditori ambulanti.

Nel Seicento, nel mese di maggio, ai piedi del ponte i facchini dell’antica farmacia all’insegna “della Testa d’Oro“, vestiti con giubbe bianche, calzoni rossi e berretto piumato azzurro, pestavano nei mortai di bronzo gli ingredienti della teriaca veneziana, di fama mondiale, e cantavano a squarciagola lanciando di tratto frizzi e motti alle belle popolane che passavano. Erano giorni di festa quelli, come il 25 luglio quando il doge passava il ponte per recarsi in chiesa di san Giacomo di Rialto, chiesa di sua giurisdizione, ad ascoltare la Messa; giorni di festa quando si correvano le famose regate annuali e una gran folla festosa si pigiava sul ponte.

Ma nel 1797 quando il 12 maggio cadde la Repubblica e il popolo tumultuante prorompeva nel grido di “Viva San Marco“, fiera protesta contro la vigliaccheria patrizia, dal ponte di Rialto il nobile Bernardino Renier coi suoi cannoni, posati sul piazzale del ponte, uccideva e feriva parecchi del popolo che inneggiavano alla patria. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 20 aprile 1931

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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