Luigi Venier e Giustina Dalle Boccole, una bella coppia di amanti

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Campo Do Pozzi a Santa Ternita, in prossimità del quale si trovava il palazzo Dalle Boccole. Sestiere di Castello

Luigi Venier e Giustina Dalle Boccole, una bella coppia di amanti

Lui era figlio del Doge Antonio Venier, lei moglie del patrizio Giovanni Dalle Boccole ed erano, dicono le Historie Venitiane del Sabellico, una gran bella coppia di amanti, ammirata ed invidiata a dispetto della biblica Legge. Ma su questo povero pianeta non c’è nulla di perfetto ed intorno alla copia c’era una suocera ed una sorella del marito le quali non vedevano di buon occhio la pratica disonesta, e si dice dalla cronaca per gelosia del Luigi che aveva innamorato tutte le donne de cha Bocholis, cominciarono a seminare vento per fare crescere tempesta.

E batti oggi e batti domani, avvenne che la Giustina, a cui non faceva difetto l’incostanza, dopo un vivace altreco, mise alla porta il Luigi, e questi d’accordo con Marco Loredan, giovane al pari di lui sconsigliato, pensò di trar vendetta di quell’offesa. Una bella mattina messer Giovanni Dalle Boccole, uscendo del suo palazzo in contrada di Santa Ternita, vide appesa sulla porta di casa una testa di caprone con le corna, contenente turpia inhonesta verba contro la moglie, la suocera e la sorella.

Lo scandalo fu grave per tutta la contrada ed il povero Giovanni, che come tutti i mariti tutto ignorava, sdegnato al gravissimo insulto, ricorse alla Quarantia Criminale, che scoperti gli autori, con sentenza 1 giugno 1388, oltreché a cento ducati di multa, li condannava entrambi a due mesi di prigione, ed il Doge, padre del Luigi, anteponendo la giustizia a qualunque affetto confermava la sentenza della Quarantia.

Ma purtroppo per la famiglia Venier, l’avventura del figlio volse in tragedia; il disgraziato Luigi si ammalò gravemente in carcere e benché mandasse a supplicare il padre per ottenere la grazia della rimanente pena, il Doge, inflessibile nel suo sterminato rispetto alle leggi, rifiutò qualunque condono e l’infelice figlio, qualche giorno dopo, morì nella sua squallida prigione.

Giovanni Dalle Boccole, interrogata la sorella e fatto certo della sua sventura coniugale, obbligò la moglie a rinchiudersi per qualche tempo nel convento della Celestia; ma il povero uomo non fu davvero fortunato nella scelta, perché era fama che il convento intitolato a Santa Maria Celeste non avesse proprio nulla di celeste, ma tutto di terreno. Dalle Raspe (*) sappiamo che nei secoli decimoquarto e decimo quinto parecchie monache della Celestia, non solo accoglievano gli amanti nel convento, ma si ritrovavano con loro in una villetta di Murano, dove soddisfavano lasciviam et sacrilegia.

La Giustina Dalle Boccole, nella sua cella, pianse per i primi giorni il povero morto, ma ben presto alle lagrime subentrò il sorriso, alla pioggia il sole, e siccome era donna ed era giovane e bella, così seguì l’esempio delle altre recluse. Marco Tiepolo fu il nuovo amante della Giustina, al quale seguì Domenico Contarini quondam Pietro, e così la testa di caprone, messa sulla porta di casa Boccole dal povero Luigi Venier, ramificava sempre robusta e gagliarda. (1)

(*) Raspe erano chiamate le vecchie crinache giudiziarie, da dove risultavano i nomi di tutti i delinquenti e da cui perciò potevano essere estratte quelle che oggi si direbbero fedine criminale. Da ciò il detto o la ingiuria popolare: “No ti ga gnanca la fede de Raspa“, cioè non ha neppure la fedina netta.

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 1 settembre 1923.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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