I Turchi a Venezia

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1516
Calle de l'Anzolo. Sestiere di San Polo

I Turchi a Venezia

I commerci dei veneziani nella regione anatolica cominciarono ben prima della formazione dell’impero ottomano; Venezia nel tredicesimo secolo commerciava regolarmente con Sebastea, Trebisonda, la piccola Armenia e Tabriz. Quando la potenza dei Turchi si sviluppò, e s’impadroni di tante parti d’Europa, la Repubblica si pose il problema di accordare ai loro mercanti un albergo dove potevano sostare e depositare le proprie merci.

La più antica memoria che si trova di un albergo che ebbero i Turchi in Venezia, la riporta il Galliccioli nelle sue Memorie Venete Antiche Profane ed Ecclesiastiche, dove riprendendo un documento di un autore anonimo scrive, che nel 1571 “intesa la vittoria alle Curzolari fuggirono a casa da Rialto i Turchi, i quali abitavano in Canareggio nella Casa dell’abitazione del fu Bailo a Costantinopoli Barbaro, che era loro stata assegnata per abitazione“. In realtà, in quel tempo, Venezia aveva concentrato i “sudditi turchi” in rappresaglia all’imprigionamento dei mercanti veneziani di Costantinopoli, durante la guerra di Cipro.

Dopo la battaglia delle Curzolari, e dopo che Venezia, abbandonata dai suoi collegati, vide sfruttata la magna vittoria, per le gelosie, paure, invidie, esitazioni di Filippo II, e fatta la pace col Turco con la perdita di Cipro, i mercanti ottomani tornarono liberi, e vivevano mescolati con gli altri cittadini. Nel 1574 un Francesco di Dimitri Litino, greco, ricordò al Consiglio dei Dieci la somma dei mali causata dalla comunanza del vivere dei Turchi fra i Cristiani, e suggerì che fosse prescritto che avessero abitazione separata, e separati fossero i magazzini delle mercanzie loro.

Il Governo nel 1579 destinò temporaneamente una vasta casa a Santi Giovanni e Paolo, e intanto piovevano le offerte di alberghi per l’abitazione dei Turchi. Si accettò l’offerta di una casa di sier Bortolo Vendramin a Rialto, questa era vasta, comoda, separata, con facilità per i bagni rituali dei maomettani. La casa era un’osteria (o meglio una locanda) all’insegna dell’Angelo, prossima alla chiesa di San Matteo. Si convenne nei patti che il Vendramin avrebbe serbato il diritto di riaprire la casa ad uso di osteria, qualora i Turchi cessassero di abitarla.

Con una severa legislazione si prescrissero le tariffe perchè i Turchi non potessero essere taglieggiati, fossero rispettati, si ordinò, che dovesse essere intera separazione notturna fra i cristiani e loro. Ma queste leggi severe pare che andassero in dissuetudine o non vi si badasse, e successero scandali, non solo, contro la costumatezza, ma anche contro la religione.

Si cercò allora una abitazione più conveniente, e un Giambattista Bosello propose di fabbricare un edifizio apposito perchè servisse da fondaco ai Turchi. Finalmente nel 1620 si scelse per albergo dei Turchi il palazzo che fu del Duca di Ferrara, ed allora era posseduto dal Serenissimo doge Antonio Priuli. Era in luogo più remoto, e soprattutto poteva facilmente esser isolato da tutte le parti; era vasto, aveva comodo l’approdo per le mercanzie, e in seguito fu reso isolato, distrutto l’interno si predispose il sito per la moschea, quello per i bagni, i comparti delle camere, e i magazzini per il commercio.   

La severità della legislazione sulla separazione dei Turchi dai Cristiani, i provvedimenti per l’isolamento dell’edifizio, la sicurezza pubblica, la pubblica costumatezza, furono ancor più rigorosi che per il passato. I Turchi prima di entrare nel fondaco dovevano depositare in luogo sicuro ogni sorta di armi e di munizione da guerra, era debito di presentare ogni giorno la nota dei Turchi che si albergavano nel fondaco; castighi severissimi si minacciavano a chi li albergasse altrove. Il 10 giugno 1622, i Cinque Savi alla Mercanzia statuirono che le prescrizioni per i Turchi fossero comuni anche per i mercanti Persiani che venivano in Venezia, dovevano quindi abitare nel fondaco però separati dai sudditi del Sultano, nel fondaco avrebbero dovuto abitare anche i Cristiani soggetti al Gran Signore.

Queste leggi durarono fino alla caduta della Repubblica, nè furono mutate o alterate. (1)

(1) Agostino Sagredo e Federico Berchet. Il Fondaco dei Turchi in Venezia. Stabilimento di Giuseppe Civelli. Milano 1860

Da sinistra a destra, dall’alto in basso: Calle de le Turchette, Salizada del Fontego dei Turchi, Calle de l’Anzolo, Fontego dei Turchi, Salizada del Fontego dei Turchi, Ponte de le Turchette, Calle de l’Anzolo, Calle de l’Anzolo.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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