Gli Schiavoni a Venezia

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Corte Scihavona. Sestiere di Castello

Gli Schiavoni a Venezia

Venezia fin dai primi tempi ebbe relazioni commerciali con i Dalmati comunemente conosciuti con il nome di Schiavoni (dal latino clavus,  da cui anche slavo e schiavo), relazioni che divennero per più intese quando nel principio del Quattrocento tutte le regioni costiere della Dalmazia passarono sotto il dominio della Repubblica.

Gli Schiavoni furono tra i sudditi più fedeli della Dominante, e Venezia li ricorda ancora nei nomi di due località e in una scuola di devozione: la Corte Schiavona a Castello dove avevano un ospizio, la Riva degli Schiavoni che costeggia il magnifico bacino di San Marco, la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni presso la chiesa dei Cavalieri di Malta, nella contrada di Sant’Antonino.

La colonia schiavona veneziana si riuniva in confraternita sotto la protezione dei suoi Santi Giorgio, Trifone e Girolamo nel 1451, ottenendo ospitalità nella Chiesa di San Giovanni del Tempio, ma poi, nella prima metà del Cinquecento, eresse a proprie spese l’attuale scuola la cui facciata di tipo sansoviniano venne costruita da Giovanni de Zan, proto all’Arsenale.

La scuola, sulla cui porta d’ingresso Pietro da Salò modellò in rilievo “San Giorgio che uccide il drago“, è celebre per i dipinti di Vittore Carpaccio che vi lavorò a più riprese, dal 1502 al 1507, trattando nelle sue pitture quattro spendidi cicli di cui tre dedicati ai santi patroni della Dalmazia: episodi della vita di San Giorgio, vicende di San Trifone di Bitina, storie di San Girolamo vescovo di Spalato, avvenimenti derivati dal Vangelo come il “Cristo nell’orto” e “La chiamata di Matteo all’apostolato“. Queste tele del Carpaccio presentano in ambiente veneziano del Quattrocento, tutto luce e colore, grazia e freschezza, di cui egli fu uno dei più fedeli e più appasionati evocatori.

In quel tempo la colonia schiavona aveva tra i confratelli Andrea Mendola di Zara, detto lo Schiavone, che nei suoi “sfregazzi” dipingeva scene campestri, fantastiche visioni di ninfe, di satiri, di pagane divinità, lontane riminescenze di spirito giorgionesco. E compatriotti dello Schiavone erano Sebastiano Zuccato e Francesco Dominicis, entrambi gastaldi della scuola, il primo pittore discreto con bottega a San Giuliano all’insegna del “Tempo” e parente di Stefano Cernotto dell’Isola d’Arbe, allievo del grande Tiziano.

I fratelli Francesco e Gregorio Miroseo, figli di Luca da Sebenico, vivevano agiatamente nella contrada di Santa Sofia nonostante i loro beni in Dalmazia fossero stati gravemente danneggiati “per le ruine che sono seguite per li perfidi turchi“. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 28 giugno 1929

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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