Un pranzo di nozze in casa Zorzi

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Palazzo Zorzi. Sestiere di Castello

Un pranzo di nozze in casa Zorzi

Il 27 gennaio 1526 d’ordine dei tre Provveditori alle pompe, sier Bernardo Canal, Alvise Contarini et Alvise Dolfin, fu letta per tutte le chiese della città dopo la messa di nona, la legge approvata il giorno prima in Senato contro il lusso enorme e lo sperpero di ricchezze in occasione di nozze.

La mania dello sfarzo sorpassava ogni limite: i compari ragggiungevano talvolta il numero di quaranta e ciascuno offriva alla sposa il suo regalo che variava per consuetudine dai duecentocinquanta ai trecento ducati: un pranzo di nozze non costava meno di otto ducati per invitato e i commensali passavano sempre il centinaio: il lusso delle vesti, delle gioie, delle feste che duravano parecchi giorni concorreva “a dar mal esempio et far rovina de le fameie” giusto allora che doveva cominciare la nuova vita matrimoniale.

Il Senato fin dal 1512 aveva cercato di porre un riparo, ma visto che molti patrizi, piuttosto che rinunziare ai compiacimenti del lusso, pagavano volentieri le multe, pensò con il nuovo decreto di stabilire, oltre la multa, anche la prigione e il sequestro di tutto quello che fosse violazione alla legge. Nel pomeriggio del 27 gennaio il decreto fu pubblicato a Rialto e a San Marco, “et fo stampato quel si vendeva un beso la copia et cussi tutta la terra fo piena“.

In quello stesso giorno avveniva il matrimonio di Biancafia di sier Marin Zorzi el doctor” con sier Marco Zorzi della contrada di San Severo e molte gentildonne e moltissimi patrizi erano stati invitati alle nozze che per il lusso e per le feste promettevano di riuscire magnifiche. Trentasei erano “li compari di anelo” e nel palazzo di San Severo prospiciente il canale, da qualche giorno lavoravano i pasticcieri, “infar mazapani dorati, pignocade, confecti grossi et fugazone” mentre i cuochi apparecchiavano fagiani, francolini, pavoni, pernici.

L’abito della sposa “de veludo e de raso rechamado in oro” costava la bellezza di ottocento ducati, e le gioie che portava erano tra le più belle uscite dalla bottega del famoso Francesco Annichini “zoeliere in Ruga a Rialto“.

Mentre la sposa si apparecchiava per andare in chiesa di San Severo, che sorgeva allora sull’area dove l’Austria nel 1830 eresse le prigioni politiche, comparve a palazzo Zorzi un fante dei Provveditori alle Pompe recando il nuovo decreto uscito in quella mattina. Marin Zorzi, il dottore, lo lesse e rivolto all’avogador di comune Filippo Piuli, che era tra gli invitati, sorridendo disse: “La leze (legge) fatta ozi ha principio doman per leze nostra” e l’avogador gli rispose: “Havè rason, sier Zorzi” e dette ordine al fante di ritirarsi. Così il magnifico pranzo di casa Zorsi fu l’ultimo che per qualche tempo avvenisse a Venezia dopo la pubblicazione del famoso decreto. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 16 luglio 1927.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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