Uno scudo pregiato veneziano, la rotella

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Rotella in mostra nelle Sale dell'Armamento. Palazzo Ducale.

Uno scudo pregiato veneziano, la rotella

Utilizzato sin dagli albori della storia, fu uno scudo che percorse tutte le epoche e venne adottato da tutte le popolazioni che guerreggiavano in modo codificato. Alla fine del medioevo iniziò il suo sdoppiamento in rotella e brocchiere (ingrandimento del boccoliere da pugno metallico da fante, decorato spesso all’acquaforte o dipinto come per le armature, ma la “tecnica pinta” terminerà entro il 1570 per essere sostituita in tutto e per tutto dall’acquaforte ). Un tipo di scudo circolare denominato in tutti paesi europei con il termine di rotella (nell’impero ottomano era denominato kalhkan e spesso era rivestito di seta ed aveva al centro un umbone metallico), a Venezia, dove l’umbone venne del tutto abbandonato, ebbe il suo apogeo.

La rotella, nella forma rinascimentale, è uno scudo a forma di calotta sferica o padiglione (costituito da doghe in legno alte 12mm e larghe 80mm, incollate fra loro), con un diametro che varia dai 48 centimetri circa ai 70 cm circa, con un peso che variava da 1500 gr. a 3200/3400 gr. e con un angolo di curvatura che va dai 30° ai 65°, in legno leggero sagomato e curvato a vapore. Alle volte è costituito da un’impalcatura di vimini (negli antichi inventari viene denominate “canna d’India”) o di un tipo di salici selvatici locali, tipici delle paludi, denominati “Vencher” (salice bianco) o di cuoio cotto. Veniva rivestito con uno strato di gesso denominato “pastiglia” (una ricetta in uso anche ai restauratori di mobili antichi) e preparato a foglia d’argento o con lini, cotoni e sete. Il passo successivo consisteva nel dipingerlo, imprimerlo, operarlo a rilievo e alle volte anche laccarlo o semplicemente a tempera. La decorazione oltre agli scomparti che incorniciano il leone di San Marco e lo stemma di famiglia, spesso con motivi floreali stilizzati e fregi ricorrenti policromi di gusto prettamente orientaleggiante che si ispirano al mondo persiano o turco. Alle volte hanno arabeschi veri e propri o riportano miti della mitologia greco-romana e leggende medievali. Gli arabeschi hanno linee sciolte e continue a girali o raccolte in formelle isolate o collegate fra loro, circolari, a corolla o ovaleggianti. L’effetto ottenuto con questa tecnica si dimostra elegante e raffinato. Il fondo era dorato, verde oliva, rosso rubino, nero o bruno come la pelle del temuto orso delle montagne, con campiture a volte solamente punteggiate o con la ripetizione quasi spasmodica di un modulo che serve esclusivamente ad incorniciare le formelle principali.

Queste rotelle seguono la produzione veneziana dei “cuoi d’oro” che per due secoli, dal XV al XVII, fece letteralmente impazzire l’Europa. Non vi era nobile straniero che non ne ordinasse almeno uno per adornare il suo maniero o la sua residenza cittadina. Alcuni reali ne ordinarono più di 150, si dice che Pietro in grande, quando ritornò in Russia ne avesse con sé più di 600, confezionati ex novo solo per lui. Le famiglie patrizie veneziane gareggiavano nel gusto e nella decorazione di questi scudi da parata o di gala durante le varie processioni.

Lo stesso Caravaggio ebbe due commissioni per dipingere il medesimo soggetto: la prima è un dipinto a olio su tela, incollato su uno scudo convesso di legno di fico (50 x 48 cm), eseguito tra il 1596 e il 1598; la seconda (ispirata dalla prima), è stata commissionata dal cardinal Francesco Maria Bourbon del Monte per Ferdinando I de’ Medici, il dipinto a olio è stato fissato su uno scudo convesso di legno di pioppo (60 x 55 cm). (1)

(1) Alessandro Zanotto e Debora Gusson

Rotelle esposte nelle Sale dell’Armamento in Palazzo Ducale a Venezia

FOTO: Alfonso Bussolin e dalla rete. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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