La Torre dell’Orologio in Piazza San Marco

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La Torre dell'Orologio, Piazza San Marco.

La Torre dell’Orologio in Piazza San Marco

Tra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento le cure del Senato Veneziano erano specialmente rivolte alla Piazza San Marco, a quella Piazza che veniva definita “per sito et qualità el più belo spectaculo de questa città“. Ma la Piazza era ancora ingombra di viti, di alberi, di qualche bottega di scalpellino e quel che è peggio bruttata da una latrina dove ognuno andava “licensiosamente a far sporcitie et deposito di scovace“.

Lo sconcio non era più da tollerarsi, il senatore sier Antonio Tron della contrada di San Benedetto tempestava in Senato, sier Alvise da Molin detto Fiammetta lo imitava nella foga oratoria e il Senato decideva d’incaricare maestro Giorgio Spavento, proto dei procuratori di San Marco, di sgomberare la Piazza da botteghe, da viti, da alberi e dalla pestilenziale latrina. Sier Antonio Tron non era però contento e cominciò una nuova battaglia contro le piccole e vecchie case costruite sopra il portico che metteva nelle Mercerie e tanto fece e tanto disse, presentando anche un progetto di Mauro Coducci, chiamato il Moretto, di valle Brembana in quel di Bergamo, che il Senato accettò la proposta commutandola in legge.

E così il 10 giugno 1496 “fo dato principio a butar zoso le case a l’intrar di la Marzaria in la piaza di san Marco sora il volto, per far le fondamenta di un horologio molto excellente et alto, el qual ut dicitur (come si dice) costerà ducati siemilia zercha et sarà al più bello de Italia“.

Intorno alla nuova costruzione Mauro Corducci, da molti anni residente a Venezia, mise tutta la sua attività feconda, mentre Giampaolo Rainieri, detto anche Zampaolo da gli horologi, e suo figlio Giancarlo di Reggio di Emilia costruivano il grande orologio, Ambrogio da le Ancore, nella sua corte presso la Calle dei Fabbri, fondeva nel bronzo le virili figure dei “Mori” modellate da Paolo Savin e Alessandro Leopardi sbalzava nel rame dorato “la Vergine col putto“.

Era trascorso appena un anno e mezzo dalla demolizione delle vecchie e brutte casupole e Marin Sanudo scriveva nei suoi Diari: “Ozi, undeci dicembre 1497, fo posti li ziganti di bronzo sopra la torre novamente fabricata su la piazza de san Marcho va in Marzaria, dove sonerà le hore, et questo scrivo et lo notado a eterna memoria“.

Ma la torre dell’orologio non ebbe termine che al primo febbraio 1499: in quel giorno vigilia della festa della Purificazione di Maria Vergine si cominciarono a togliere le numerose impalcature mentre il doge Agostino Barbarigo con la Signoria si trovava a visitare la chiesa di Santa Maria Formosa in memoria della famosa liberazione delle Marie, le donzelle rapite dai pirati venuti dalle coste dell’Istria sotto il dogado di Candiano terzo verso il 942.

I procuratori di San Marco, ma specialmente sier Antonio Tron a cui era stata affidata la sorveglianza dei lavori, volevano al ritorno del doge procurargli la sorpresa della nuova fabbrica finita e quando il serenissimo Agostino, preceduto dai scudieri ducali, sboccò sulla piazzetta di San Basso, le campane di San Marco cominciarono a suonare e la folla che si era radunata prese a gridare il solito festoso evviva di San Marco, Marco!

Allora “fo aperto et scoperto la prima volta lo horologio ch’è su la piaza sopra la strada va in Marzaria, fato con gran inzegno et bellissimo”; il principe si fermò a guardare e sorridere disse a sier Antonio Tron e ai Procuratori che gli stavano intorno “gran bone parole de laudi et di miraviglia per la bellissima fabricha“.

Bella davvero nella sua eleganza architettonica della Rinascenza: edificio a vari comparti sovrapposti terminante con un terrazza su cui è piantata una grande campana contro la quale “due Mori” battono con dei grossi martelli le ore; in basso il grandioso quadrante a dorature e smalti con indicazione delle ore, delle fasi lunari, del moto solare in rispondenza dei segni zodiacali; a metà sopra una breve terrazza semicircolare la “vergine col putto” e i popolari Re Magi che si fanno uscire mediante certi congegni; in alto il Leone alato dinanzi al quale stava genuflessa la statua del doge Agostino Barbarigo, abbattuta nel 1797.

I famosi Re Magi in principio uscivano la notte, poi per quindici giorni nelle due feste dell’Epifania e dell’Ascensione. E difatti in quei giorni da uno degli sportelli dove troneggia la statua della Vergine, escono al batter delle ore, preceduti dall’Angelo con la tromba: dinanzi alla Madonna l’Angelo alza la tromba annunziatrice, i tre Re s’inchinano riverenti e passano scomparendo per l’altra porticina.

Ora il senatore Antonio Tron era contento e in quella sera sedeva a mensa col Serenissimo: la nuova fabbrica era costata seimilacinquecento ducati pagati dall’Ufficio del Sale.

Colpita la Torre e guastato l’orologio nel 1757, fu nello stesso anno restaurata la torre dall’architetto Andrea Camarata e l’orologio dall’ingegner meccanico Bartolomeo Ferracina di Bassano.

Sciocca la favola, anche oggi da qualcuno stupidamente ripetuta, che la Repubblica gelosa del suo orologio accecasse gli autori affinché non potesse riprodurlo; favola che fa triste compagnia a tutte le altre fiabe sul governo della Serenissima raccontate in prosa da romanzo e in versi da melodramma. Da documenti autentici risulta invece che la famiglia Raineri fu per lungo tempo protetta, favorita e beneficata dalla Repubblica. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 7 ottobre 1923, 15 agosto 1930, 16 luglio 1930

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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