Amore e vino, un delitto in Campiello de le Erbe, a Santa Sofia, nel Sestiere di Cannaregio

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Campiello de le Erbe, a Santa Sofia. Sestiere di Cannaregio

Amore e vino, un delitto in Campiello de le Erbe, a Santa Sofia, nel Sestiere di Cannaregio

La mattina del 15 gennaio 1530 si sparse per Venezia la notizia di un grave delitto avvenuto nella notte.

Il delitto era stato commesso in una casa situata vicino “a la posta da vender vin al menudo in santa Sofia in campo de l’erba, al ponte de legno per andar a santa Caterina“, e la prima ad accorgersi di quell’assassinio fu una donna, tale Gasparetta da Mestre, la padrona della casa che mise a rumore tutto il vicinato con le sue alte grida.

Ai fanti accorsi essa narrò che il morto, crivellato da ben tredici pugnalate quasi tutte mortali, era Bastiano proprietario dello spaccio di vino li accanto e che l’uccisore doveva essere Piero Albanesefiol di Andrea capitanio di le barche del dazio dil vin“.

Condotta all’Avogaria, la donna venne subito interrogata da sier Anzolo Corner avogador di Comune, e si seppe allora tutta la storia di quella notte. Verso le due ore di notte Piero era andato a casa dalla Gasparetta, di cui si diceva fosse innamorato; poco dopo sopraggiunse Bastian e tutti e tre cominciarono a cenare, una cena copiosa preparata dalla donna, pagata da Piero e abbondantemente innaffiata dal vino recato da Bastiano.

Dapprima i commensali ebbero una composta allegria, ma col procedere della cena e con le frequenti bevute l’allegria si fece sempre più vivace degenerando ben presto in un vociare disordinato in cui non ultima era la donna discretamente presa dal vino. Si finì di mangiare, non di bere: Bastiano volle abbracciare Gasparetta e questa lasciava fare, quando Piero s’interpose e cominciò tra i due un breve, ma energico litigio.

Si bevette ancora, si bevette molto; la donna andò a letto dopo la mezzanotte Bastiano voleva seguirla, ma Piero glielo impedì e s’impegnò allora tra loro una terribile lotta silenziosa e feroce, e mentre Gasparetta si addormentava profondamente, il pugnale di Piero colpiva l’avversario parecchie volte con furore pazzesco.

Questo il racconto che in parte fece la donna piangendo, e in parte indovinò sier Anzolo Corner ordinando subito a Missier grande di rintracciare e arrestare il colpevole se, come si sperava, non fosse fuggito. Difatti in chiesa di Santa Sofia fu ritrovato Piero Albanese, ancora intontito dal vino, inginocchiato davanti un altare e in atteggiamento di preghiera. Venne arrestato: del delitto commesso non ricordava più nulla, aveva vagato incosciente tutto il resto della notte, e appena sorta l’aurora si era ricoverato nella chiesa dove era solito andare ogni mattina, nelle prime ore.

Il processo fu breve, e Pietro fu condannato a morte.

La mattina del 27 gennaio 1530 “hessendo preparato el soler in piazeta de san Marco per taiar la testa et po squartar l’assassino, domino Alvise da Noal el doctor, domino Francesco Fileto, sier Zuane Mozenigo et altri avochati andono a l’Avogaria a richieder suspension“, poiché il colpevole era stato arrestato in luogo sacro “et monstrarono le bolle di la corte de Roma“. Anche il vescovo di Pola, Avernoli Altobello, legato pontificio presso la Repubblica, venne in Collegio a sostenere i diritti della chiesa e la Signoria, sentito il parere di sier Bartolomio Venier, capo della Quarantia criminale, decise per allora “suspender la executione“.

Ma nella stessa giornata si raccolse di nuovo il Collegio con tutti e tre gli Avogadori, i capi della Quarantia e quelli del Consiglio dei Dieci per decidere sulle proteste degli avvocati e del Legato papale nel caso di Piero Albanese: la discussione fu lunga e vivace e alla fine a grande maggioranza, venne deciso di procedere alla esecuzione della condanna “siché diman si eseguirà la sententia“. E difatti il giorno dopo “da poi disnar fo taià la testa a Piero, fil de Andrea Albanese, capitanio di le barche dil datio et poi fo squartato, ma per gratia non messo sulle solite forche; era bellissimo zovene et andando verso el soler (palco) pianzeva e pregava“.

Un particolare commovente “et mai visto“, racconta il Sanudo nei suoi diari: il disgraziato giovane era condotto e sorretto dall’infelice padre, e giunto il corteo vicino al palco il capitano Andrea baciò e ribaciò il figlio singhiozzando, e quando vide scintillar la mannaia “cazete in terra come fusse morto“.

Forse l’amore, ma certamente il vino fecero in quella notte dello sciagurato Piero un feroce, sebbene incosciente, assassino.

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 7 maggio 1931.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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