Le casse peòte, una forma di risparmio

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1925
Interno dell'osteria Rivetta in Calle de le Sechere. Sestiere di Santa Croce

Le casse peòte, una forma di risparmio 

Presso le osterie veneziane permaneva fino al secondo dopoguerra una vecchia usanza di risparmio, un piccolo deposito finalizzato alla realizzazione di un garanghelo.

Il significato di garanghelo lo spiega il Goldoni nel sua commedia Il Campiello. Egli spiega che era un metodo singolare per fare un pranzo o disnar, una mangiata fuori dell’ordinario, dove un partecipante si toglieva l’incomodo di pagare per tutti e poi riceveva il rimborso degli altri partecipanti, in rate settimanali.

Tra le classi meno abbienti, quando si volevano organizzare un garanghelo, spesso non si trovava la persona disposta ad anticipare il costo del pranzo, e allora si inventarono le casse peòte, costituite appositamente per formare, con piccoli risparmi settimanali, il capitale necessario per fare questi pranzi. E poiché questi bagordi si andavano a fare in luoghi remoti e ameni fuori dalla città, almeno per quei tempi, come il Lido o Mestre-Marghera, per portare tutti assieme i partecipanti al pranzo, si noleggiava una barca abbastanza grande detta peòta.

Le casse peòte erano di due tipi: quelle al risparmio, finalizzate al puro divertimento, e quelle indirizzate anche ai piccoli finanziamenti, per coprire le momentanee carenze finanziare famigliari.

Le prime, quelle al risparmio per il divertimento, avevano sede presso le osterie, erano formate per lo più da uomini, e il loro funzionamento era semplicissimo. Ogni socio della cassa si obbliga a versare quotidianamente una certa quota che serviva per organizzare due disnar annuali. Il socio metteva giornalmente la sua quota, che non era di più di qualche piccola moneta, in una cassetta con tante fessure numerate quanti erano i soci, tale cassetta veniva appesa vicino al banco dell’osteria. Ogni sera si faceva la verifica di chi aveva regolarmente pagato o non pagato la sua quota, i soci venivano riconosciuti per la presenza o la mancanza della monete nella fessura assegnata, chi non aveva pagato veniva multato e anche questa pena pecuniaria andava a beneficio della cassa. L’osteria che dava ospitalità alla cassa peòta traeva beneficio dalle frequentazioni giornaliere dei soci.

Le seconde, quelle che avevano come scopo principale il finanziamento, avevano sede presso delle case private, ed erano formate per lo più da donne. Una cassiera teneva il fondo cassa, versato anticipatamente da tutte le socie. Ogni socia poteva prendere in prestito una somma fissa o una somma variabile a seconda delle necessità, e la rimborsava, pagando un certo interesse, in rate settimanali. Anche in questo caso si poteva evitare di rimborsare la rata pagando una multa. Annualmente, con gli utili realizzati, si organizzava il pranzo sociale, il famoso garanghelo o pranzo della cassa.

Conoscere Venezia

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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