La terribile profezia della distruzione di Chioggia, nel 1519

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Chiesa della Santissima Trinità e Ponte dei Filippini - Chioggia

La terribile profezia della distruzione di Chioggia, nel 1519

Il 12 aprile 1519 la barca del vescovo di Chioggia, “reverendo domino Bernardo Venier da Piran“, giungeva al Molo e ne scendeva il vescovo stesso. Entrando quasi di corsa in Palazzo Ducale, domandava affannoso immediata udienza alla Signoria per cosa di grande importanza, e la Signoria lo faceva subito entrare. Il doge, Leonardo Loredan, lo volle vicino a sé e il vescovo allora con voce tremante cominciò un suo strano racconto.

Nel palazzo vescovile di Chioggia, da ben dieci giorni, “uno certo spirito apparso” prediceva il futuro, la città ne era tutta spaventata e si parlava di abbandonarla, poiché la sua distruzione pareva ormai cosa certa.

Serenissimo principe, continuò Bernardino Venier, questa quaresima ha predicato a Chioza uno frate di san Francesco di nation dil Friuli, de’ Savorgnani, li qual ha minazato molti chiozoti, non se remonando di peccati, di la punition di missier nostro Dio“. Ed ora la punizione era annunciata: in una certa camera del Vescovado, dove dormivano due preti, si era udito, nel lunedì dopo Pasqua, battere a più riprese sotto il letto. Dapprima non si fece attenzione, ma continuando i colpi nei giorni successivi e sospettando “che fussero spiriti si messone a sconzurarli“, uno dei preti, tale Lodovico Tirante, dopo aver portato in camera un Cristo e due candele benedette, volle interrogare lo spirito chiedendogli: “Si hera venuto li per dir ben, et lo spirito non bateva; si hera venuto per dir mal et lo spirito bateva forte“. Gli si domandò: “mal a Venetia?, Silenzio, Mal a Cioza? Bateva, Peste, fame guerra?, Silenzio. Aqua granda? e lu batteva; profundation de la città? e lu batteva forte“.

Così, fra molte domande e molte battute, si giunse a capire che Chioggia doveva sprofondare sotto le acque la domenica del ventidue aprile di quello stesso anno per la espiazione di quattro suoi peccati: la bestemmia, l’incesto, il sacrilegio, la sodomia. Il povero vescovo, tremante di paura, raccontando piangeva, e la Signoria, confortandolo, lo fece accompagnare dal Patriarca perché anch’egli sentisse e giudicasse lo strano racconto

Lo spavento a Chioggia era grandissimo. Racconta il Sanudo che molte donne da paura “hanno disperso (abortito) ed altre sono fuzite“; e gli uomini stessi alla terribile profezia che voleva distruggere Chioggia in quella domenica del 22 aprile 1519, ricorrevano alla fuga col pretesto di qualche affare. Nelle chiesa si pregava tutto il giorno e furono fatte processioni espiatorie, ma lo spavento cresceva coll’avvicinarsi della fatale domenica.

Girolamo Barbarigo, podestà di Chioggia, scriveva alla Signoria di obbligare il vescovo Bernardino Venier di rientrare in diocesi, poiché la sua assenza faceva aumentare la paura. Il Consiglio dei Dieci chiamato il Venier gli dette ordine di ritornare a Chioggia, ma il vescovo rispose: “Signori, meteme in preson se quello ve piase, ma non tornerò mai fino non passi domenega“. E dinanzi a quel folle terrore anche il Consiglio sorrise.

Il 21 aprile, di mattina, vigilia della catastrofe, giunse una lettera del podestà diretta alla Signoria che annunciava “haver scoperto la barbaria et trufa dil spirito che bateva“. Il Barbarigo, andato due volte nella famosa camera del Vescovato, non aveva mai sentito nulla. Pose invece gli occhi sui due preti e interrogati partitamente, aveva rilevato contraddizioni, reticenze, incertezze.

Fatto subito arrestare uno di essi, Lodovico Tirante, e datogli qualche tratto di corda, egli confessò tutto “et come loro battevano, per far uno ziogo al vescovo, ma el ziogo era andato più in là di la loro intentione faciendo gran rumore in la città“.

L’altro prete era fuggito, il Sanudo conclude: “A Chioza tutti adesso sono aliegri“. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 15 novembre 1925.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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