Palazzo Gussoni Grimani Dalla Vida a San Felice

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Palazzo Gussoni Grimani a San Felice. In "Venezia Monumentale e Pittoresca", Giuseppe Kier editore e Marco Moro (1817-1885) disegnatore, Venezia 1866. Da internetculturale.it

Palazzo Gussoni Grimani Dalla Vida a San Felice

Risalutiamo per questo palazzo un architetto, che sopra gli altri vola come aquila, per il meccanismo singolare nella struttura degli edifici, perché col sapiente magistero dava tra noi compimento al vero modo di fabbricare, introdotto dal Falconetto e abitato da Fra Giocondo, e aperse la via al Sansovino, che trovò l’arte ormai stabilita, avendo provveduto maggiormente al suo decoro, coll’aggiunta degli ornamenti della scultura.

Nella Venezia si giudica questa fabbrica memorabile e di gran corpo, sul modello di Michele da San Michele, ricca di alberghi, e benissimo intesa. Sorge sul Canal Grande, alla destra, di contro al palazzo dei Pesaro; però il prospetto principale è respiciente anche sul rivo, detto di Noale dal nome della casa patrizia Avonale, ora estinta, la quale abitava a Santa Fosca, ed aveva forse la signoria dell’antico castello di Novale, di cui sussistono alcune torri della rocca, tolta ai Tempesta da Marin Falier, primo podestà di Treviso, e già sotto il dominio degli Ezzelini, degli Scaligeri e dei Carraresi. Gli ordini sulle facce sono il dorico e il toscano, traspare in certi punti qualche sfumatura di affreschi del Tintoretto; erano opere di sua giovinezza le due figure, per esempio, il crepuscolo e l’aurora, che egli trasse dalla famosa statua di Michelangelo, di cui studiò i modelli, per apprendere il buon disegno.

Il passeggero sulle acque le vedeva volentieri, e faceva arrestare al gondoliere la voga. Possono scorgersi conservati da Anton Maria Zanetti nelle sue pitture a fresco dei principali maestri veneziani. L’ingresso ha un cortile scoperto, con affreschi a chiaroscuro di G. B. Zilotti, che rappresentano i famosi Ercoli gladiatori, il Farnese, l’Aldobrandini, quello di Napoli e dei Pompei, nei parecchi atletici atteggiamenti. Splendido è l’atrio, con due colonne al limitare, di pietra d’Istria, d’ordine toscano, con sedili di marmo rosso di Verona, e per le scale, ricche di marmi, si accede alla sala, per un grand’arco, a pilastri canalati, di stile ottimo lombardesco, con capitelli lombardo-jonici, e con frontone, avente una fascia, sculta a fogliami, in bel rilievo, come sono bellissimi i leoni, scolpiti sulle basi di marmo. Le porte sono ad intaglio, e con due baccanti inghirlandate, di bronzo dorato. Copioso è il piano superiore di svariati riparti, che si ristorarono secondo il gusto odierno, dall’attuale proprietario sig. Samuele Dalla Vida, negoziante riputato di questa piazza, quivi fino dal 1846 abitante colla famiglia.

Qualche camino, nel piano nobile, è di marmo rosso e africano; pure di marmo sono i parapetti sotto i balconi, per la più parte rivestiti da piastrelle delle fabbriche muranesi. Alcuni ritratti dei Cesari, sopra le porte, vennero sostituiti alle immagini dei Grimani-Luca del Campiello dei Fiori, che tennero la proprietà di questo palazzo, come risulta dai blasoni di marmo, scolpiti ai lati del prospetto esterno. I Gussoni però fecero gettare i fondamenti di questa fabbrica, e consterebbe abitassero nell’area stessa anche dell’edificio, a questo preesistito. Lo stemma loro sta infatti in due canti del parapetto, nella cisterna dì marmo del cortile, bello per fregi sculti a disegno, di stile lombardesco. Essi, oriundi da Cividal di Friuli, giungevano in Torcello, ed erano tra le prime case, quando l’isola aveva fama, più di qualunque altra degli estuari, perché emporio nei bassi tempi, e con un porto rinomato, ora detto Treporti, onde anzi il Temanza stupisce, che i veneziani, emigrando la seconda volta nel lasciar Malamocco, abbiano posposto Torcello all’isola di Rialto, che era situata fra paduli squallidi e solitari.

Un Gussone Gussoni fu diplomatico di gran senno; ricordasi un Marco, che vinse e disperse l’esercito di Giovanni Vatazzo, da cui si minacciava Costantinopoli, possesso allora dei Veneziani. Un Vincenzo oratore in Senato in delicati cimenti figurò Procurator di San Marco e Riformatore dello Studio di Padova. Cultori furono altresì i Gussoni dell’arti belle, con amore squisito e intelligente, e si celebra dalla storia la galleria, ricca delle prime gemme del pennello italiano. Si ha memoria infatti, che quando il Cardinale Bichi si ospitava, col suo seguito a San Giorgio Maggiore, il 28 marzo 1654, si recava egli a visitar le pitture del Senatore Vincenzo, e occorse anzi, per politica etichetta di Stato, una licenza apposita del Collegio, perché il Gussoni deputato dalla Repubblica per molti trattati di pace, erasi più fiate intrattenuto con quel Porporato in conferenze secrete.

Si ammiravano nella classica pinacoteca opere del Tintoretto, del Giorgione, di Tiziano, di Paolo, del Salviati; e di Girolamo Savoldo detto Bresciano, era il dipinto insigne della Maddalena studiata sul modello Tizianesco, ravvolta in drappo, col vaso di alabastro, avviata alla visita del santo Sepolcro. Di questo Savoldi si rammenta il capriccio originale di alcune mezze figure, vedute al chiarore di una lucerna in tempo di notte. Tale pensiero si imitava ai di nostri, da Natale Schiavoni di desiderata memoria nella sua Maddalena, nell’interno di una grotta, che sta orando in ginocchio, cogli occhi pieni di lagrime, e colle prolisse chiome dorate sulle ignude nevi del seno e degli omeri, mentre sui lembi della tonaca e nei contorni del bel corpo riflette il chiarore d’una lampa, alla sinistra, e dall’altro canto trapela da un foro il pallido raggio dell’astro notturno.

In questi recinti risiedeva per concessione del letterato senatore Francesco, l’Accademia dei Delfici, sorta nel 1647, dopo quella della Fama, che suonò celebre per tutta Europa, il di cui cancelliere fu Bernardo Tasso, padre del divino Torquato. La detta Accademia si appellava Gussoni, e durò fino al 1690, secondo il Quadrio: vi si tenevano esercizi anche di eloquenza estemporanea, ed ebbe a mecenati i Procuratori di San Marco Jacopo Cornaro e Giovanni Battista Corner Piscopia, padre della famosa Elena. Pertanto negli ultimi tempi i Gussoni, con assai delicato pensiero, si astenevano dal far servire questo palazzo per loro abitazione, e ne riguardavano i recinti, con una specie di religioso rispetto.

Né senza gran ragione operavano, poiché il disegno della mole era creazione del genio di un Sammicheli; ne aveva reso parlante l’esterno intonaco il pennello del Tintoretto; vi posero mano in alcune parti dell’architettura i Lombardi; vi ingemmarono le pareti i maestri più celebri della Scuola veneta; le sale si trasformavano in accademia solenne di lettere e di arti belle, e quindi l’edificio poteva salutarsi un palladio di glorie. (1)

(1) GIANJACOPO FONTANA. Cento palazzi fra i più celebri di Venezia (Premiato Stabilimento Tipografico di P.Naratovich. 1865).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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