Andata del doge nella Chiesa di San Zacccaria

0
2486
La Signoria in visita a San Zaccaria. Francesco Guardi (1770-1775)

Andata del doge nella Chiesa di San Zacccaria

Al tempo che Agostina Morosini era Badessa in San Zaccaria, cioè a dire, l’anno 855, il Pontefice Benedetto III fu in Venezia, e visitò quella chiesa e quel monastero. Penetrato vivamente d’ammirazione per la virtù e santità che vide regnare fra quelle sacre vergini, volle, tornato a Roma, dare una testimonianza della sua soddisfazione con l’arricchirle di un gran numero di reliquie e d’indulgenze. Fu allora che il Doge Pietro Tradonico (la cui famiglia fu poi detta Gradenigo) cominciò a visitare il tempio di San Zaccaria fra il concorso del popolo. Sarebbe stato un vero scandalo a quei tempi, in cui tutto respirava la più pura, e la più solida pietà, se il capo della Repubblica avesse mancato di assistere a solennità religiosa. Si fissò dunque il giorno di Pasqua come il più adatto all’annuale visita. La Badessa Morosini lietissima di vedere il Doge processionalmente venire alla sua chiesa gli offerse, d’accordo colle sue religiose, un regalo degno di lui, e della ricca eredità di cui ella godeva. Fu questo una specie di diadema repubblicano, che si chiamava Corno Ducale di un valore straordinario. Esso era tutto d’oro: aveva il contorno ornato di ventiquattro perle orientali in forma di pere. Sulla sommità risplendeva un diamante ad otto facce, di un peso, e di una lucidezza mirabile. Nel dinanzi un rubino anch’esso di massima grossezza, che abbagliava colla vivacità del suo colore e del suo fuoco. Come poi descrivere la gran croce che stava nel mezzo del diadema? Era questa composta di pietre preziose, e particolarmente di ventitré smeraldi, dei quali cinque, che formano il traverso, vincevano in bellezza quanto si può vedere in tal genere.

Regalo così inestimabile venne dal Doge sommamente gradito, e da quel momento si stabilì, che il superbo diadema non avesse a servire se non per il giorno della coronazione dei nuovi Dogi. Ma perché quelle buone religiose non stessero del tutto prive del piacere di rivederlo (piacere che richiamava alla memoria un’azione nobilissima di quella comunità), si decretò inoltre, che tutti gli anni nel giorno della visita da farsi a San Zaccaria, esso verrebbe tratto dal pubblico tesoro, e sopra un bacino presentato dal Doge medesimo, e mostrato a tutte le suore; il che fu sempre esattamente eseguito.

Un triste avvenimento accaduto l’anno 864 contribuì a dare a questa Festa un lustro maggiore. Da lungo tempo vi avevano in Venezia forti dissensioni fra alcune nobili famiglie, e sotto il Ducato di Tradonico più che mai infierivano. Tutta la città pareva divenuta un campo di battaglia; non essendovi giorno, in cui le due fazioni non si scontrassero, e non venissero fra di loro alle mani. Si azzuffavano a torme, né mai si distaccavano senza prima avere sparso molto sangue. Il Doge tutto tentò per conciliare gli accaniti cittadini; ma gli venne ciò che d’ordinario incontra chiunque nel calore delle altrui dispute spiega uno spirito conciliatore. Volendo destreggiare, si rese sospetto di parzialità ad entrambe le parti. Di fatti è impossibile l’amare ad un’ora due fazioni diverse, e il farsi da esse riamare; conviene di necessità che una di esse rimanga scontenta, e non è raro, che questa mediti la perdita non men della sua rivale, che quella del mediatore stesso. Il Doge mandava ordini, e non era obbedito: minacciava, e le sue minacce si sprezzavano non regnava più disciplina alcuna, né sicurezza nella città.

Egli avrebbe voluto punire taluno fra i più ostinati d’ entrambi i partiti, ma nelle discordie civili le punizioni hanno talvolta conseguenze ancor più funeste perché di vantaggio inaspriscono gli animi. Il disordine andava più ognora crescendo: si mormorava contro il Doge; si gridava contro dell’ingiustizia, della tirannia; dalle mormorazioni si venne alle invettive, e l’eccesso del fermento ebbe per sviluppo la morte sciagurata del Doge. Venne egli assalito nel momento che usciva con tutto il suo corteggio dalla chiesa di San Zaccaria. Le guardie cercarono in vano di difenderlo; egli spirò sotto reiterati colpi di pugnale.

Succeduto appena il fatto, i cittadini tennero una generale Assemblea in cui dopo aver deplorato il tragico fine del Doge, come un attentato orrendo, si crearono tre Commissari che prendessero in rigoroso esame l’affare. Conveniva assolutamente punire i rei per impedire ulteriori sfrenatezze nel popolo, ma si doveva anche fare sì, che in avvenire non potesse alcun Doge abusare della sua autorità, né parzialeggiare con alcuna fazione: altrimenti non vi sarebbe differenza veruna fra il capo di una Repubblica libera ed un monarca, il quale si crede tutto permesso, perché niuno osa contrariare i suoi voleri, né prescriver limiti alla sua autorità. Questi Triumviri si trassero fuori con vero zelo da una commissione sì gelosa. Si riconobbe l’utilità di tale magistratura, e quindi piacque che fosse perpetua. Ad essa si affidò la custodia delle leggi, ed i suoi membri si chiamarono Avvogadari di Comune. Furono essi sempre mai in grandissima riputazione, poiché erano i principali sostegni della pubblica sicurezza.

Si volle poscia dare alla Festa, o per meglio dire, alla visita di San Zaccaria, un aspetto più decoroso, e per ciò si risolse, che il Doge colla Signoria invece di andare a piedi si dovesse recare al monastero nelle sue barche dorate, e che le grandi confraternite si trovassero a quel momento nella chiesa. La folla del popolo si accrebbe allora, e continuò poscia sino all’anno 1796, sì per acquistare le assegnate indulgenze, e sì per voglia di ammirare quel diadema, che col suo splendore abbagliava gli occhi di tutti. Il popolo non sa dimenticarlo, e lo piange tuttavia, come piange il pubblico un tesoro sì rinomato, e tante altre ricchezze nazionali miseramente disperse. (1)

(1) GIUSTINA RENIER MICHIEL. Origine delle Feste veneziane. (MILANO 1829. Presso gli editori degli annali universali delle scienze e dell’industria.)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.