Un “sion” (tromba d’aria) nel veneziano e nel padovano, nel 1532

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La vigna del Convento di San Francesco della Vigna - Castello

Una “sion” (tromba d’aria) nel veneziano e nel padovano, nel 1532

Verso due ore di notte del 29 agosto 1532 un furioso temporale si scatenò su Venezia e circondario. Dapprima, per quasi dieci minuti, senza una goccia di pioggia, si scaricarono sulla città parecchie saette una delle quali cadde nelle vicinanze della chiesa di San Salvador. Stava in chiesa tutto solo, “disparechiando le tapeserie” che avevano servito per i funerali di Bernardo Lovo, frate Anacleto di Bari e volendosi riposare, stanco e pieno di sonno, si era seduto addormentandosi, intanto che una candela caduta cominciava “a li brusar la tonega“. Al tremendo rumore del fulmine il frate si svegliò, vide il fuoco alla tonaca, lo credette prodotto dal fulmine e gridando come un matto mise a rumore tutto il convento. A San Zanipolo una saetta cadde sul campanile senza recar danni, mentre un’altra nell’isola di San Secondo colpiva il convento ed uccideva due frati; una ne cadde a San Gregorioin la fornasa de ca’ Zustinian rompendo tutto“; e crollò il campanile della chiesa di Sant’Antonio a Castello, dove ora sono i Giardini.

Dopo questa specie di bombardamento aereo cominciò a gran goccioloni la pioggia che divenne presto una pioggia terribile con vento gagliardo e tempesta grossa durate fino al mattino, cosa non mai vista per la sua continuata violenza, e il Sanudo scrisse “et mal a proposito le uve de li orti di le isole nostre“.

Il giorno dopo quando cominciarono a giungere le notizie della terraferma, si seppe che nel territorio padovano si era scatenato un vero “sion” (tromba d’aria) che aveva recato danni grandissimi alla terra e alle persone; a Padova stessa ruinò una cupola della chiesa del Santo, furono divelte le lastre di piombo della loggia dei Rettori, danneggiata la torre “di la campana di li scolari“, e rovinata la casa del podestà sier Jacopo Michiel. Morte dieci persone e circa una quarantina di ferite.

Tutto il raccolto dell’uva andò perduto e in quell’anno nei territori padovani non ci fu vino nuovo, talché dice il Sanudo, la legge del 12 giugno 1514 che limitava la vendita di Malvasia, vino che veniva dalla Morea, abbe il primo colpo poiché “veneno aperti novi lochi di vino navegado” (1).

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 5 aprile 1926.

La vigna del convento dei francescani di San Francesco della Vigna.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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