Ponte dei Dai, sul Rio de le Procuratie

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Ponte dei Dai, sul Rio de le Procuratie - San Marco

Ponte dei Dai, sul Rio de le Procuratie. Calle dei Fabbri – Sotoportico dei Dai

Ponte in pietra; struttura in mattoni e pietre, spalette o bande in ferro a losanghe sovrapposte. Su un fianco del ponte, al centro dell’arco, tre stemmi in pietra di Provveditori di Comun, sull’altro fianco resti di un leone marciano scalpellato. (1)

Il Ponte dei Dai, situato tra il sottoportico omonimo e la Calle dei Fabbri, vicino alla Piazza di San Marco, è per una vecchia tradizione, nata nel Quattrocento, legato alla famosa congiura di Bajamonte Tiepolo che in accordo con i Querini, i Doro, i Barozzi, i Baseggio cercò di abbattere il potere oligarchico sotto il doge Piero Gradenigo.

Del mille tresento e diese – A mezzo del mese de le Cerese – Baiamonte passò el Ponte – et per esso fo fato Consegio de Diese“. Difatti nella notte del 14 giugno 1310 i congiurati, passato il ponte di Rialto, allora in legno, si divesero a San Salvatore in due schiere: la prima guidata da Baiamonte stesso prese per le Mercerie, la seconda sotto il comando di sier Marco Querini si avviò per l’attuale Ponte de Lovo, la Calle dei Fabbri, il Ponte dei Dai verso la Piazza di San Marco dove, riunite le schiere, si doveva dare l’assalto al Palazzo Ducale.

La notte era terribile, una improvvisa bufera si era scatenata sulla città e le grida dei congiurati “libertà e mora el dose Gradenigo” erano soffocate dal fracasso del tuono, dal fischiare del vento, dalla pioggia che cadeva a dirotto. In piazza, sorpresa inaspettata, i ribelli trovarono in armi le truppe dogali: tremenda fu la lotta, ma alla fine Bajamonte venne respinto e prese la fuga, mentre la schiera di Marco Querini assalita con impeta al grido: “dai, dai!“, dalli dalli, fu respinta e al ponte che metteva in Calle dei Fabbri caddero uccisi il Querini e il figlio Benedetto.

Alcune cronache dicono che il grido persecutore rimanesse al ponte che si chiamò d’allora “Ponte dei Dai“, da qualcuno invece fu chiamato “del Malpasso“, ma questo ultimo nome lo troviamo settant’anni prima della congiura del Tiepolo, in un vecchio testamento di ca’ Michiel in cui è detto: “Pons Malpassi qual va in la calle de li Favri“.

Il Gallicciolli invece nelle sue “Memorie Venete antiche, profane ed ecclesiastiche” è di altro parere ed esprime l’opinione che il nome di Malpassi e quello dei Dai provengano da due famiglie che abitavano accanto al ponte e che dovevano per legge ever cura della sua manutenzione, e a conferma di questo suo parere afferma che nel 1242 una fanciulla Malpassi esisteva nella parrocchia di San Geminiano, da cui il ponte dipendeva, estinta qualche anno dopo, e più tardi una famiglia “da Dio” o Dadi dalla quale era venuta l’altra denominazione.

Più probabilmente invece e certamente più logica è la terza spiegazione che giustificava il nome del Ponte dei Dai dal gioco dei Dadi, comunemente chiamati dal popolo veneziano “dai” e che colà, nella piccola fondamenta attigua, si fabbricavano di osso, di legno, di terra cotta, di cuoio. Infatti il Rio dei Dai in una legge del 2 settembre 1433 è chiamato “Rivus pontis Taxillorum“, rio del Ponte dei Dai, e il Sabellico chiama il ponte “Tesserarum pons” che ha identico significato.

Il gioco dei dadi a Venezia era molto diffuso fin dal Duecento: si giocava con ardente passione un po’ dappertutto, non solo nelle chiuse stanze e nelle osterie, ma nelle vie, sui ponti, nelle gondole, nella corte del Palazzo Ducale e perfino sotto i portici delle chiese, e quando il governo, con suo decreto del 12 febbario 1352, proibì il gioco nel cortile e nelle adiacenze del Palazzo, i giocatori si dispersero nei dintorni della piazza e specialmente sul ponte che metteva nella Calle dei Fabbri.

Nella piccola fondamenta accanto al ponte, al di là del rio, fondamenta cieca che esiste tuttora, abitava nel 1526 un Nicolò chiamato “da li dai” perché aveva una fabbrichetta di dadi, i piccoli cubi dale sei facce numerate con i quali si giocava a vari giochi di sorte, tanto cari ai Veneziani di allora.

Il ponte “fo fato de piera nel 1366“, e quando fu terminato i giocatori con maggiore comodità si sedevano sui gradini, costanti ed attenti nel loro prediletto passatempo, economicamente disastroso per i perdenti.

Nel 1440 sappiamo che in quella località abitava ancora Pieroda li dai“, confratello della Scuola grande della Misericordia, che fabbricava sempre “li dai per el zogo et fasseva de li dai de avorio per li patrici, quali valeva al per (paio) mezo ducato“.

Ma la sfrenata passione del gioco d’azzardo, e i dadi erano per eccellenza un gioco di fotuna, decise il Consiglio dei Dieci nel 1506 a proibire tali giochi, minacciando la berlina, il taglio del naso, delle orecchie e la galera ai contravventori, permettendo solo “li zogni de li scachi, arco, balestra, ballon et ballo“. E così anche la piccola fabbrica “de li dai” dovette abbandonare il suo commercio, poiché per qualche tempo tutti obbedirono alla severa legge dei Dieci, ma il ponte conservò fino ad oggi il suo vecchio nome di “Ponte dei Dai“.

Sul Ponte dei Dai, a sinsitra di chi viene dalla Calle dei Fabbri, abitava nel 1618 una tale Momola Todeschina, cortigiana molto in voga a quel tempo e amica di Veronica Vacchetta. Le due donne si vedevano sempre insieme sulla Riva degli Schiavoni e in Piazza San Marco, abbigliate con la veste corta di stoffa damascata e la sottoveste di cambellotto rosso, ornate di gioielli e di pizzi d’oro, calze di seta rossa e profumate delle più fraganti essenze.

Ma la Veronica covava verso l’amica una terribile gelosia per il giovane patrizio Alvise Trevisan della contrada di San Basegio di cui era innamorato, e che preferiva invece Momola Todeschini alla quale donava ricche gioie e molti ducati.

Il 15 novembre 1618 rincasando la Todeschina, dopo una lauta cena fatta in casa della Veronica, fu colta da grave malore, il quale crebbe rapidamente e alla mattina la cortigiana era in angonia, inutilmente soccorsa da un medico che ne constatò dopo qualche ora la morte. Si sospettò subito che fosse morta di veleno; il Consiglio dei Dieci dopo una rapida inchiesta ne ebbe la certezza e dette ordine di arrestare Veronica Vacchetta, ma la donna nella notte aveva preso la fuga. Il Ponte dei Dai venne rifatto per vetustà nel 1747. (2)

(1) ConoscereVenezia

(2) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 11 maggio 1931

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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