Chiesa di San Martino di Burano

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Chiesa di San Martino - Burano

Chiesa di San Martino di Burano

Storia della chiesa

Tra le altre isole, nelle quali i cittadini di Altino si ricoverarono, una fu quella di Burano, o Boreano, così chiamata dagli Altinati stessi in memoria d’una porta della loro città, che riguardava verso settentrione. Ma come quest’isola troppo esposta all’escrescenza del mare poco dopo cominciò ad esser corrosa nei suoi fondamenti dall’impetuoso corso dell’acque, così i numerosi abitanti prevenendo il pericolo di sommergersi, si rifugiarono nell’anno 959 ad un’altra eminente, e dilatata palude fra Mazzorbo, e Torcello, e stabilito con gli abitanti di Mazzorbo nel dominio dei quali era la palude stessa, un annuale censo, ivi fissarono il lor domicilio, denominando il luogo stesso dal nome dell’abbandonata isola Burano nuova. Ivi per la spirituale assistenza delle lor anime fondarono una chiesa sotto l’invocazione del vescovo di Tours San Martino, la quale poi nell’anno 1630, fu solennemente consacrata da Marco Antonio Martinengo vescovo di Torcello.

Riposano in essa i corpi di tre Santi Martiri, Albano (protettore principale dell’isola), Orso, e Domenico, dei quali è popolar tradizione non appoggiata a veruno documento, che rinchiusi in una grande arca di marmo galleggiando sopra dell’acque approdassero a questa isola, né valevole essendo la forza di tutto il popolo per trarre a terra il grave deposito, quello poi con somma facilità eseguito fosse da teneri ed innocenti fanciulli. Aperta poi la cassa ritrovati in essa vi furono tre santi corpi insieme con un’iscrizione latina incisa in marmo, di cui tenore è questo: Albano Vescovo, e Domenico Eremita ambe due ad una stessa ora furono uccisi per Cristo. Per eternar poi la memoria dl un tanto prodigio fu la stessa cassa, di marmo riposta sotto la mensa dell’altare, sopra del quale deposti furono i santi corpi, e da quell’ora si accese nel cuore di quei poveri abitanti un tal fervore di divozione verso di Sant’Albano, che lo venerano come il maggiore, e quasi l’unico lor protettore appresso Dio. Fa menzione di Sant’Albano vescovo, e di Sant’Orso chierico resi martiri dagli eretici ariani l’abbate Maurolico nel suo martirologio, e rammemora anche il loro terzo compagno San Domenico eremita e martire, il vescovo d’Equilio Pietro Natali, che ne registra la passione, e la traslazione delle loro reliquie fatta a Venezia.

Ad altro altare si conservano alcune ossa dei Santi Innocenti martiri trucidati in Betlemme, delle quali è fama, che tradotte fossero a questa chiesa dall’antico monastero di Sant’Adriano di Costanziaco. Da un antico documento dell’anno 1289, si rileva, che quella chiesa possedesse allora alcune rendite nelle lagune; ma ora priva affatto di ogni provento sussiste con le sole elemosine dei fedeli. (1)

Visita della chiesa (1839)

Una sola chiesa parrocchiale vi ha qui a tre navi assai bella e dedicata a San Martino. Chi la osserva trasandi il quadro laterale alla destra col miracolo di Sant’Antonio; vedda la tavola piuttosto del primo altare, insieme al quadro superiore di Gaspare Diziani, ed obbliando il quadro rappresentante Sant’Albano, creduto nella miglior parte di Antonio Zanchi, osservi la tavola del secondo altare di Sante Peranta con Cristo che al mare di Galilea chiama gli apostoli, è badando più che tanto, nella susseguente cappella laterale all’altar maggiore, sì alla tavola di Giambattista Lorenzetti e sì ai quadri posti alla destra ed alla sinistra, l’uno di Gaspare Diziani con la fuga in Egitto e l’altro colla nascita di Nostro Signore di Francesco Fontebasso, passi nel coro dove Antonio Zanchi fece il gran quadro col diluvio alla destra; bella opera ed immaginosa, non meno che la tavola dell’altare maggiore colla visita dei re magi. Né per quei rotti partiti che contraddistinguono la pittura del secolo trascorso sarà di minor effetto l’altro gran quadro alla sinistra d’ignoto autore rappresentante la strage degli innocenti. Buono studio potrebbe ricavarne ogni discreto intelligente, che le mende del tempo sapesse separare dall’impeto del genio e dalle risorse artistiche in buon dato rinvenute nel passato secolo, ma troppo neglette finora.

Disposti intorno al coro vi sono tre buoni quadretti altresì l’uno con la fuga in Egitto, il secondo con l‘ adorazione dei pastori, ed il terzo colle sponsalizie di Maria Vergine sullo stile dei Bellini che si vogliono da alcuni di Vittore Carpaccio.

Segue nell’altra cappella laterale all’ altar maggiore la tavola di Bernardino Prudenti con Sant’Albano fra i due santi diaconi Orseolo e Domenico, ed il quadro grazioso esprimente il miracolo dell’urna, che secondo la popolar tradizione galleggiando sull’acqua approdò a quest’isola, né valevole essendo la forza di tutto il popolo per trarla a terra con somma facilità venne‘ trasportata da alcuni ragazzi. Aperta che fu, si rinvennero i corpi di Sant’Albano vescovo e di San Domenico eremita con un’iscrizione latina. Entrambi quei corpi coll‘urna stessa furono riposti sotto la mensa di questo altare e indi a poi Sant’Albano fu costituito il santo tutelare dei Buranelli.

Sante Peranda dipinse la tavola dell’altar susseguente coi misteri del Rosario, e, se l’umidità del sito non l‘avesse danneggiata, piacerebbe la crocifissione del deciso pennello di Giambattista Tiepolo, a cui succede il quadretto colla deposizione e la tavola dell’ultimo altare coi Santi Rocco, Sebastiano ed Antonio abbate. L’uno d’ignoto autore (forse della scuola bolognese) e l’altro di Bernardino Prudenti. Il quadro laterale all’organo di Francesco Trevisan con il Battesimo di Gesù Cristo ed i tre buoni quadretti della cantoria, l’uno alla sinistra rappresentante San Martino tentato, l‘altro di mezzo la Cena di Nostro Signore e l’ultimo i Santi Albano, Domenico ed Orseolo protettori di quest’isola, possono meritare qualche osservazione. Né vogliono essere dimenticati altresì il magnifico altare maggiore, opera del 1673, e la bella tavola di San Girolamo Santa-Croce posseduta un dì dalla distrutta chiesa di San Vito ed ora collocata in sacrestia. Esprime essa San Marco in trono col libro degli evangeli ed al piano due santi con pastorale in mano. Bene è disegnata e sopra modo è corretta; ma che si dirà del dipinto dappoi che fu ritoccata? Gran danno recano al lume dell’artista gli odierni troppo desiderati restauri! I pasticci del restauratore sottentrano all’ingenua maniera dei classici e tutto sparisce di quella franchezza onde è distinto l’uno dall’altro pittore. Anche di ciò il tempo farà ragione. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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