L’osteria del Pellegrino, a San Basso, nel Sestiere di San Marco
Di fronte al Palazzo Ducale, nella prima metà del 1500, esistevano alcune casupole, in parte adibite a locande, e che Jacopo Sansovino fece demolire per edificare la famosa Libreria.
Tra le locande c’era quella del Pellegrino che si trovò così costretta a mutar sede ed a trasportarsi nella strada oggi denominata Calle Larga San Marco ed in qual tempo Corazzaria per le varie fabbriche di corazze ivi esistenti.
Abbiamo notizia di un grave fatto di sangue successo nel 1550.
Giovanni Antonio, oste ad Peregrinum, dopo un banchetto attaccò lite “in detto hospicio” con un certo Giorgio, coltraio, e con due coltellate lo ridusse in fin di vita. L’oste riuscì a fuggire, ma fu bandito in perpetuo.
Un anno prima l’osteria era stata gravemente danneggiata da un incendio ed i Procuratori de Supra “danno al pubblico incanto a compir di muro tutta la fabbrica nella hosteria abbruciata che, ha per insigna il pellegrino, giusto quanto sarà ordinato da Jacopo Sansovino“.
E’ solo nel 1554 che ci appare il nuovo proprietario in Corazzaria, nella nuova sede, ed è Zuanne de Pedrenzin da Bergamo che “tolse una casa et una bottega in Corazzaria et fece l’hostaria dil Pelegrin“, la quale divenne ben presto famosa per la eccellente cucina, i modici prezzi, “et le stantle (stanzie, stanze) polite et piene di luze et aria“.
La favorevole posizione contribuiva molto ad accrescerne la fama, specie durante la Fiera della Sensa e nelle altre feste che si svolgevano nella Piazza di San Marco con quella ricchezza e magnificenza solite ai veneziani.
La cucina del Pellegrino è ricordata anche due secoli dopo da Carlo Goldoni nella sua Sposa Sagace: … piacere è andare in compagnia ora ad una locanda, ed ora a un’osteria, far preparar talvolta, la cena ad un casino, far che serva da cuoco l’oste del Pellegrino.
Anche al Pellegrino spesso il gioco fu causa di gravi disordini, particolarmente nell’ultimo secolo della Repubblica, quando ogni ritegno era stato abbandonato e i giocatori di vantaggio erano numerosi.
Nella notte dell’11 luglio 1728 due giocatori attaccarono lite ed uno di essi, certo Giovanni Magrini, perduta la ragione, afferrò il lume che stava sulla tavola e lo scaraventò sulla testa dell’avversario, ferendolo gravemente.
Ma un fatto ben più grave avvenne nel 1761. Una sera alcuni operai, radunati al Pellegrino per solennizzare una loro festa, si posero a giocare. Ben presto cominciarono gli alterchi, perché era sembrato che uno dei presenti, certo Gaggiardi, giocasse con inganno. Chi si riteneva maggiormente danneggiato era un tale Apon che, più arrabbiato degli altri, meditava propositi di vendetta e quando il Gaggiardi uscì gli tenne dietro ed all’improvviso gli vibrò una tremenda coltellata, uccidendolo.
L’osteria del Pellegrino continuò a vivere fino alla metà del secolo scorso; e per la poca moralità un viaggiatore tedesco, nel 1612, non sappiamo bene per quali particolari ragioni, non esitò a chiamare il Pellegrino “albergo di Satana“. Però l’osteria in mezzo alle sue vicende rimase sempre l’amica delle borse modeste ed ancora al principio del secolo scorso una ancora al principio del secolo scorso una camera che prospettava la Piazzetta dei Leoncini non si pagava che una lira al giorno.
Oggi dell’Osteria del Pellegrino non resta che il solo ricordo del nome portato dalla calle e nell’insegna di una pasticceria, aperta da una cinquantina d’anni, poco discosto dal luogo dove sorgeva l’antica osteria. (1)
(1) Mario Sutto. IL GAZZETTINO ILLUSTRATO, 14 novembre 1926.
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